XXII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

ostacoliGrande professione di fede da una parte e l’assenza della fede dall’altra. Se Pietro ci rappresenta nel cammino di fede, queste due realtà, così palesemente evidenti nella vita del Primo degli apostoli, sono presenti anche nel nostro. Momenti di grande euforia in cui la professione di fede sembra la cosa più semplice e normale che ci sia salvo poi lasciar spazio ai momenti in cui c’è solo il buio e l’assenza della fede.

Avevamo lasciato Pietro a Cesarea di Filippo dove, dopo la grande professione, si sentiva chiamato Beato da Gesù. Oggi ritroviamo questo apostolo che si mette fra Gesù e il suo destino e si sente chiamato dal Signore, Satana. A pensarci bene il cammino di ciascun discepolo è un cammino tra questi due poli: essere beati ed essere satana. Bisogna fare di tutto per allontanarsi dall’essere satana ed avvicinarsi all’essere beato. Perché Pietro passa dalla beatitudine  all’essere chiamato satana? Perché passa dalla fede in Gesù alla mancanza di fede. Il tentativo di Pietro, di fronte all’annuncio della passione da parte di Gesù, è di creare una salvezza a modo suo e non secondo il piano di Dio.

Ecco allora l’invito di Gesù di mettersi dietro a lui. Camminare sulle orme del Maestro darà a Pietro la forza di andare avanti nel suo cammino di fede. La fedeltà agli insegnamenti del Maestro sarà la via che porterà alla beatitudine della salvezza. E questa fedeltà si dimostra anche nell’accettare la croce e le sofferenze per il Maestro. Non si va alla gloria della risurrezione se non attraverso la croce.

Un grande esempio dell’accettazione della sofferenza per portare avanti il progetto di Dio ce lo fa vedere il profeta Geremia nella prima lettura.  Il profeta era diventato oggetto di derisione, la parola del Signore era diventata causa di vergogna per lui. Soffre talmente tanto che decide di non parlare in nome di Dio. Ma sente la parola come un fuoco imprigionato nelle sue ossa e non può non parlare nel nome di Dio. La bellezza di questa parola è notevole. Geremia si lascia sedurre dalla Parola di Dio e quindi porta avanti il progetto di salvezza che Dio ha per il suo popolo. E’ proprio un mettersi dietro e seguire la Parola. Le sofferenze non lo fermano, ma diventano ancora di più motivo d’orgoglio per il profeta.

Pensare secondo Dio e non secondo gli uomini è chiaramente il messaggio che ci viene dalla parola di Dio. La saldezza nella fede diventa fattibile per noi se riusciamo a metterci dietro a Gesù e seguirlo. Prendere la croce ogni giorno diventerà possibile se seguiamo Colui che ha portato per primo la croce e ci ha preceduto. Guardiamo a Pietro e a Geremia: ci insegnano tante cose. Nessuno dei due va scartato perché ci assomigliano molto. La tentazione di lasciar perdere ci può essere, ma il tentativo di rimanere fedeli sarà l’impegno quotidiano da portare avanti. Anche quando ci sono momenti bui in cui vacillerà la fede, l’invito di seguire il Maestro deve risuonare nel nostro cuore.

Chiediamo che il Signore ci aiuti con la sua misericordia, ci illumini con la luce del Suo Spirito perché possiamo seguire il nostro Maestro tutti i giorni della nostra vita.

Buona domenica a tutti!

XXI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

bambini-mano-alzataChi dite che io sia? Una domanda seria rivolta a noi oggi come ai discepoli allora e che meriterebbe una risposta seria da parte di ciascuno di noi. Non solo, bisogna ricordarsi che dalla risposta a questa domanda dipenderà il cammino della nostra fede.

Gesù è nel territorio pagano e chiede ai suoi discepoli ciò che hanno sentito dalla gente su di lui. Non è che cerchi l’indice di gradimento della gente, ma gli serve per preparare la domanda cruciale per i discepoli. Riportano le più disparate opinioni della gente. La cosa curiosa da notare è che tutti i personaggi a cui fa riferimento la gente sono morti: Battista, Elia, Geremia. Nasconde in qualche modo anche la venerazione che avevano verso questi personaggi. La morte ingiusta del Battista, Elia che è stato rapito in cielo su un carro di fuoco, Geremia ucciso misteriosamente nell’esilio egiziano sono tutti personaggi cari alla gente. Anche l’affermazione, uno dei profeti, dimostra il desiderio di vedere in Gesù un grande profeta che parla in nome di Dio. Quindi queste opinioni sono importanti in qualche modo.

Ma nel seguire Gesù, attaccarsi alla tradizione non serve, bisogna cogliere la novità. L’attaccamento alla tradizione umana è il lievito dei farisei e degli scribi da cui Gesù vuole liberare i suoi discepoli. Ecco allora la seconda domanda che invita ad entrare nel proprio cuore e scoprire il posto di Dio in ciascuno di noi. E’ un invito a cogliere la novità di Gesù lasciando da parte la nostalgia della tradizione degli uomini.

Chi dite che io sia? Non si può rispondere a questa domanda se non si è mossi dal Padre. Gesù lo dice chiaramente a Pietro: né carne né sangue … ma il Padre mio. S. Paolo ce lo dirà con altre parole: infatti, dice che nessuno può chiamare Gesù Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Pietro pensava di aver detto un qualcosa di grandioso su Gesù e aveva ragione, ma in quella risposta aveva poco di suo perché è ispirata dal Padre e solo coloro che si mettono sotto la sua azione possono rispondere veramente a questa domanda.

“Chi dite che io sia?” viene domandato a ciascuno di noi oggi. Come rispondiamo? Viviamo in un mondo dove la religiosità e la fede vengono vissuti da ognuno un po’ a modo suo. Ognuno si fa una fede a proprio uso e consumo. Vogliamo appiccicare a Dio le qualità che vorremmo vedere in lui. Nelle varie risposte su Gesù, tra l’altro, la gente faceva capire che cos’è che a ciascuno di loro piaceva di lui. Così facciamo anche noi oggi. Ci piace qualche aspetto della persona di Gesù dimenticando di prenderlo nella sua totalità. Chi di noi non vorrebbe un Dio che moltiplica i pani e pesci o cammina sul mare o guarisce ogni tipo le malattia, scaccia i demoni ecc! Ma quanti di noi poi sarebbero capaci di seguirlo sulla strada della croce, sulla strada dell’umiliazione. La novità che Gesù porta per noi comporta anche la croce, non possiamo accettare Gesù senza accettare la sua croce. Altrimenti saremo come gli scribi e dei farisei, attaccati alla tradizione degli uomini tanto da ignorare la Buona Notizia che Gesù porta.

Se il figlio è colui che assomiglia al padre nel comportamento, così pensavano i contemporanei di Gesù, ciò che ha detto Pietro su Gesù è davvero importante. Ma è importante anche per noi. Essere figli adottivi di Dio per chiamata, significa impegnarsi ad assomigliargli sempre di più. Ecco, dove ci porta il cammino dietro a Gesù. Bisogna accoglierlo per quello che è veramente e non fare di lui un distributore automatico delle grazie e favori di cui abbiamo bisogno. Sappiamo che non è facile questo cammino, ma bisogna rispondere alla domanda di Gesù con la mano sul cuore. Lui ci guarda con i suoi occhi di tenerezza e bisogna incrociare il suo sguardo per lasciarci travolgere dal suo amore.

Chiediamo che lo Spirito ci assista in questo cammino e ci sostenga la misericordia del Padre.

Buona domenica a tutti!

XX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Sguardo_profondoIl brano del Vangelo di oggi è un grande inno alla fede di una donna pagana. Ci fa capire come la salvezza portata da Gesù abbraccia tutto l’universo e non esclude nessuno dall’abbraccio della sua misericordia. Ci dice che noi siamo chiamati a perseverare nella nostra fede anche quando dobbiamo aspettare con pazienza i tempi di Dio e non dettare tempi al Signore.

Gesù teneva sempre in grande considerazione la fede della gente e si lamentava quando vedeva che in certe situazioni veniva a mancare. “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”, aveva chiesto a Pietro che affondava. Quando i discepoli non hanno potuto scacciare il demonio Gesù aveva detto loro che non c’erano riusciti per la loro poca fede. È rimasto quasi sorpreso dall’incredulità dei suoi compaesani e il Vangelo ci dice che non poté compiere tanti miracoli proprio per questa incredulità. La richiesta dei segni da parte degli scribi e dei farisei veniva considerata da Gesù come dimostrazione della loro poca fede in lui e li chiama generazione perversa e degenere. Elogia però la grande fede del centurione che gli dice: “Signore, non sono degno che entri sotto il tetto di casa mia: dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Nel compiere miracoli tante volte vediamo come Gesù tasta il polso della fede della gente e proprio per la loro fede offre loro ciò che desiderano.

L’episodio di questa domenica è commovente. Uno sguardo al luogo: Gesù si ritira nelle parti di Tiro e di Sidone che sono territori pagani. Aveva affrontato l’ipocrisia degli scribi e di farisei e aveva detto loro che quello che esce dal cuore dell’uomo è ciò che lo contamina e non ciò che entra da fuori. Quindi c’è quasi un tentativo di sfuggire questa incredulità andando verso i territori pagani e facendo capire che è venuto a portare la salvezza per tutti. Anche la donna cananea esce: esce dalla sua incredulità e va verso colui che può davvero donare la fede. Sa che questo Rabbì ebreo è diverso, sa che può darle ciò che vuole. Chiede che Gesù abbia pietà di lei: la pietà che chiede è la guarigione della figlia. Non pretende nulla da Gesù, non vuole forzargli la mano, ma gli chiede solo pietà.

L’atteggiamento di Gesù è sorprendente: la misericordia in persona non le rivolge nemmeno una parola, ci spiazza tutti. Adesso c’è la mediazione dei discepoli. Non tanto perché avevano compassione di lei, ma almeno per toglierla di torno ed essere lasciati in pace. Ma ancora una volta il rifiuto di Gesù: la mia missione è per le pecore perdute della casa d’Israele. Alla seconda domanda della donna la risposta di Gesù è ancora più dura e sembra tagliare le gambe ad ogni minima speranza eppure con una risposta che rivela tutta la sua umiltà e fiducia in Gesù, la donna ottiene ciò che desidera. Alla grande fede della donna risponde la grande misericordia di Dio e la sua figlia viene guarita. Non solo ottiene le briciole che cadono dal tavolo del padrone, ma proprio il pane.

“Donna, grande è la tua fede” le dice Gesù. Questo è il grande insegnamento che ci viene dalla parola di Dio di oggi. Forse siamo portati a guardare di più al rifiuto che Gesù le rivolge e poco a ciò che ha ottenuto con la sua tenacia e perseveranza nella fede. Non è facile il cammino di fede neanche per noi e quante volte ci lamentiamo che Dio non ci ascolta! Eppure Dio continuamente ci ascolta e anche quando sembra non risponderci, ci sta preparando a dare una risposta solida di fede dimostrando tutta la nostra fiducia in lui. Possiamo forzare la mano del Signore in nostro favore solo con la nostra fede e fiducia in lui. Dove c’è un cuore che nel suo profondo riconosce la Sua onnipotenza e chiede solo pietà, Dio non può non rispondere.

La donna cananea, una donna considerata pagana dal popolo scelto, diventa maestra per noi e ci invita a fissare lo sguardo su Gesù per evitare la poca fede. Continuiamo il nostro cammino fiduciosi nella misericordia del Padre e chiediamo che lo Spirito ci illumini la strada.

Buona domenica a tutti!

XIX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

mano-migranteUn grido: Signore, salvami. Una professione di fede: Tu sei davvero Figlio di Dio. In mezzo una mano tesa e un rimprovero: uomo di poca fede, perché hai dubitato? Questo è lo scenario del Vangelo di oggi. Una preghiera da rivolgere al Signore professandolo come Figlio di Dio e cercando di superare la poca fede nel cammino della nostra vita di ogni giorno. Chiediamo che il Signore ci aiuti.

Era salito sul monte a pregare Gesù. Appena prima aveva avuto un’esperienza coinvolgente con la folla nella moltiplicazione dei pani e adesso costringe i discepoli di fare questa traversata. Prima i discepoli volevano mandare via la gente, ma adesso, dopo che hanno collaborato con Gesù per sfamare la gente, forse vogliono rimanere con loro. Arriva la tentazione: E’ bello per noi rimanere qui. Gesù fa il contrario: prima dà da mangiare alla gente e dopo si allontana. L’evangelista Giovanni ci dice un motivo importante per l’allontanamento dei discepoli: la folla voleva prendere Gesù per proclamarlo re; poteva fare molto comodo un re che moltiplica i pani e i pesci. Non solo allontana i discepoli da un’idea messianica pericolosa, ma egli stesso si allontana per evitare qualsiasi tipo di ambiguità.

Gesù che sale sul monte per pregare è un esempio per ogni discepolo: non per chiedere sempre qualche favore, ma soprattutto per rendere grazie a Dio che anche noi dobbiamo rivolgerci a lui. Passa tanto tempo conversando con il Padre tanto che raggiunge i discepoli soltanto sul finire della notte. Anche noi abbiamo bisogno di separarsi da tutto il resto per passare tempo in compagnia di Dio per avere energie necessarie per affrontare il mare tempestoso della nostra vita.

Senza Gesù sulla barca il cammino è sempre difficile e ne fanno esperienza anche i discepoli. Ma sono presi talmente tanto dalla fatica di remare in un mare in tempesta che non riescono a riconoscere il loro Maestro che si avvicina. Anche qui c’è la parola di Gesù che conforta i discepoli: Non abbiate paura. E’ un invito che rivolge a tutti noi oggi e tutte quelle volte in cui ci troviamo in un mare di guai e non sappiamo dove andare a sbattere la testa: sono io, coraggio ci ripete il Maestro.

L’esperienza di Pietro è significativa: prima fa un atto di fiducia nel suo Maestro e riesce a fare esattamente ciò che faceva Lui: cammina sul mare come Gesù. Sposta l’attenzione da Gesù e cambia tutto, si impaurisce e affonda. Qui c’è l’immagine più bella di tutto l’episodio: Gesù tende la mano, lo afferra e lo tira fuori dalle acque. Fiducia e fede prima, paura e dubbio dopo: è l’esperienza di Pietro. Ma è solo sua questa esperienza? Oppure tutti noi ne facciamo parte? Si arriva dopo ad affermare che lui sia veramente Figlio di Dio?

Il cammino della nostra fede assomiglia molte volte al cammino di Pietro. Bisogna seguire il Maestro sul monte per mettersi in contatto col Padre per avere le energie per affrontare il mare agitato della
nostra vita. Durante il cammino affidiamoci a lui perché ci tenda la sua mano per afferrarci e salvarci sempre. Anche se qualche volta ci rimprovera per la nostra poca fede, sa che nel profondo del nostro cuore lo riconosciamo davvero Figlio di Dio e unico capace di aiutarci sempre.

Chiediamo sempre la luce dello Spirito perché ci illumini e ci accompagni in questo cammino.

Buona domenica di tutti!

XVIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

tre_tendeAscoltatelo, dice la voce del Padre a ciascuno di noi oggi. Abbiamo appena ascoltato la Sua parola, ma abbiamo bisogno che entri nel profondo del cuore e ci trasformi. Perciò chiediamo l’aiuto dello Spirito Santo perché ci assista sempre.

Il modo di agire del Signore è incomprensibile per noi: alle volte agisce proprio al contrario di come agiremmo noi. Pensate al momento della trasfigurazione: per far credere in lui, avrebbe potuto portare tutti sul monte eppure ne porta solo tre. Non sarebbe stato più facile e più utile portare tutti? Ci sarebbero state più persone come testimoni. Non solo, quando scende dal monte dice di non parlarne con nessuno prima della risurrezione. Ma anche la risurrezione, perché non in una maniera spettacolare che coinvolga una grande folla sicché non abbiano da dubitare sulla sua risurrezione? I soldati sono addormentati e sono le donne che diventano i primi testimoni. Il Signore ha le sue vie e non vuole costringere nessuno a credere in lui, ma che ci arrivino attraverso una scelta vera: una sfida anche per ciascuno di noi.

L’evento della trasfigurazione è un invito ad essere come lui, figli prediletti, amati dal Padre celeste. Gesù aveva appena parlato ai suoi discepoli della sua morte e risurrezione e sembrava che non avessero capito granché. Pietro aveva preso anche un grande rimprovero per non aver pensato secondo Dio. Gli aveva detto di andare dietro a lui, di non essere di intralcio sulla Sua strada verso la croce. La strada verso la gloria è quella della croce e Gesù vuole mettere in chiaro questo concetto. Lo splendore della trasfigurazione sarà la conseguenza per avere accettato la morte in croce. Essere prediletto e amato del Padre vuol dire accettare la sua volontà fino alla fine senza risparmiarsi. Proprio di questo parlano Mosè ed Elia con Gesù sul monte, di questo esodo che doveva compiersi su un altro monte, il Calvario. Rappresentano la legge e i profeti e per Matteo la loro presenza accanto a Gesù è segno che in lui si compiono tutto.

Avrebbero voluto raccontare a tutti e subito di questo stupendo evento quei tre discepoli presenti: Pietro era talmente preso dall’evento che voleva fare tre capanne per non lasciare mai il monte della gloria: rimaniamo qui, dice. Forse era anche un invito a Gesù di lasciar perdere il viaggio a Gerusalemme per affrontare la passione e la morte. Ma Gesù non si lascia condizionare e scende dal monte insieme con loro.

La nostra vita sulla terra è un esodo che siamo chiamati ad affrontare quotidianamente e anche noi abbiamo degli eventi lieti e tristi in questo cammino: entusiasmo e gioia nel percorso della fede, ma anche aridità e stanchezza. Quante volte la tentazione di lasciar perdere tutto! Quante volte però, il Signore ha manifestato la sua gloria e ci ha incoraggiato a riprendere in cammino! Non temete, ci ripete anche oggi perché sa che la paura blocca il cammino mentre la gioia ci muove. Il monte della gloria era un momento passeggero per i discepoli, ma tutta la paura di fronte alla croce doveva scomparire al ricordo di questa gloria. Nessun scandalo sarà più grande di questa gloria e ogni discepolo è chiamato a resistere la tentazione di abbandonare il cammino ricordando questa gloria.

Proseguiamo il cammino della nostra fede tenendo fisso lo sguardo sul Maestro che siamo chiamati ad ascoltare in questo cammino. Nelle incertezze e dubbi nel cammino, ricordiamoci che non siamo chiamati alla morte, bensì alla gloria. Anche quando ci saranno stanchezza e tristezza, il volto splendente di Gesù sia la nostra guida che toglie ogni nuvola nera dal firmamento del cammino di fede e ci accompagni sempre l’impegno di ascoltare la voce di Gesù per essere figli amati e prediletti del Padre.

Buona domenica a tutti!

XVII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

rete-e-pesciTre piccole parabole: tutte e tre iniziano in modo identico, “il regno dei cieli è simile a…”. C’è una domanda finale, a conclusione delle tre parabole: avete compreso tutte queste cose? Così si conclude il capitolo 13 di Matteo: il discorso delle parabole. Queste tre parabole sono esclusive all’evangelista Matteo. Il protagonista assoluto del brano è il Regno. Modi diversi per trovarlo, ma in ogni caso suscita gioia e stupore e proprio questa gioia diventa motivo di rinuncia per conquistarlo. Il tesoro nascosto, la perla preziosa e la rete ci parlano oggi di come si manifesta il Regno di Dio per noi e ci invita a guardare dentro di noi per capire se anche noi siamo in qualche modo protagonisti di questo Regno.

Il contadino che lavora la terra trova un tesoro, un incontro casuale: la gioia per averlo trovato è talmente grande che va, vende tutto ciò che ha e compra quel terreno. Arando con cura il terreno del nostro cuore anche noi abbiamo la possibilità di incontrare Dio. Le parole presenti in questa parabola, tesoro, andare, vendere, ci ricordano un altro brano del Vangelo: quello del giovane ricco. Gli aveva detto Gesù di andare, vendere e dare e poi seguire: il suo cuore però, è rimasto un terreno arido, pieno di rovi e se ne andò triste. Colui che trova il tesoro, nel brano del Vangelo di oggi, è pieno di gioia. Sono gioioso io, è gioiosa la comunità cristiana in cui vivo? Oppure tristezza e stanchezza mi accompagnano sempre? Se succede, vorrà dire che molto probabilmente non ho ancora trovato il Tesoro.

Il ricercatore delle perle è un intenditore: uno che nella sua vita ha imparato a riconoscere il valore delle cose. Ma anche per lui, la scoperta di questa perla preziosa è qualcosa di inatteso che suscita grande stupore. Capisce che questa perla è unica e vende tutto per acquistarla. Siamo ricercatori anche noi? Abbiamo trovato anche noi la perla preziosa oppure ci sentiamo stanchi e abbiamo lasciato perdere la ricerca? Il Regno di Dio può rivelarsi a noi anche come frutto di una ricerca accurata e questa ricerca deve continuare in ciascuno di noi. Ricordiamoci ciò che dice S. Agostino: Signore, ci hai creati per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te. Sapeva veramente cosa significava cercare Dio. Questa è anche la nostra strada: non è detto che ci incontriamo subito Dio nel nostro cammino, ma non bisogna mai lasciar perdere perché il Signore si fa trovare da coloro che lo cercano con cuore sincero.

La rete è emblematica: non esclude nessun pesce, ma c’è una scelta fatta dai pescatori. Possiamo dire che siamo pescati da Dio nel mare del mondo per fare di noi pescatori di uomini. La grazia di Dio pesca tutti noi, ma poi nella scelta saremo dei pesci buoni o cattivi? Non siamo noi a scegliere, ma gli angeli di Dio. Bisogna cercare di diventare dei pesci buoni e affidarci alla misericordia del Signore.

Per comprendere ciò che ci dice Gesù abbiamo bisogno di un cuore saggio ed intelligente che il re Salomone riceve dal Signore e di cui abbiamo il racconto nella prima lettura di oggi. Ma nonostante questo dono, negli ultimi anni della sua vita si era allontanato da Dio. Non bisogna mai smettere di cercare Dio, è una ricerca continua e in questo caso possiamo davvero dire che chi si ferma è perduto. E gli elementi che devono essere presenti in questa nostra ricerca sono proprio la gioia ed entusiasmo. Il Signore mette la gioia nel nostro cuore perché lo cerchiamo e ovviamente il nemico, il demonio,  fa di tutto per mettere la tristezza per farci desistere da questo cammino.

Entriamo nel segreto del nostro cuore e cerchiamo di capire se abbiamo questa gioia e chiediamo che il Signore non ci faccia mai mancare l’aiuto del suo Spirito in questa ricerca del vero Tesoro della nostra vita.

Buona domenica a tutti!

XVI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

granoezizzaniaDopo averci parlato dei terreni diversi che accolgono il seme della Parola, Gesù ci invita oggi a purificare i nostri sguardi nei confronti degli altri che camminano insieme con noi. È vero che abbiamo delle difficoltà nei nostri sguardi, ma è proprio una questione di sguardi il nostro cammino di fede.

Come mai Signore? Perché non intervieni? Sono delle grida che innalziamo a Dio in vari momenti della nostra vita. Il tutto e subito fa parte della nostra vita e del nostro modo di giudicare le cose e faccende di questo mondo, fa parte del nostro ragionamento. Eppure non è la logica del Regno. Noi gridiamo al Signore; andiamo a sradicare, a togliere e a purificare? Egli dice: no, lasciali crescere insieme. È difficile capire la logica di Dio, ma imparare dal Maestro significa proprio entrare in questa logica. L’amore, la pazienza e la misericordia di Dio supera infinitamente i nostri giudizi. Eppure, stranamente ma veramente, chi beneficia di questa misericordia e pazienza di Dio sono proprio io.  Se il Signore agisse come vorrebbero i servi chissà dove sarei! Quindi bisognerebbe ringraziarlo ogni giorno per la sua pazienza per me.

I servi sono delusi ed amareggiati nel vedere la zizzania insieme al buon grano e non nascondono i loro sentimenti davanti al padrone. Vedono solo l’erba cattiva e non sanno come fare per toglierla. Invece, il padrone vede il grano buono: non vuole l’intervento dei servi proprio per non distruggerlo. Sa che ci vuole del tempo per distinguere la zizzania dal grano buono. Ce lo dicono anche le altre due parabole: perché il piccolo seme diventi un albero grande da offrire il rifugio per gli uccelli del cielo ci vuole tempo. Anche il lievito ha bisogno del tempo per lievitare la pasta. Pazienza, pazienza, pazienza, ci dice, a noi frettolosi, il Signore oggi. Abbiamo sempre bisogno di riprendere il cammino di conversione verso la misericordia di Dio.

La potenza di Dio non si manifesta come vuole l’uomo. San Paolo ci dice che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza dell’uomo. Sul monte Oreb il profeta Elia aspetta di vedere la presenza di Dio: terremoto, fuoco e vento forte, ma Dio non c’è, il Signore gli si manifesta in una leggera brezza. Il granello di senape e il lievito ci spiegano questa semplicità e umiltà del Regno: non c’è da scandalizzarsi di fronte alla “piccolezza” del Regno, ma adoperarsi perché cresca sempre di più e meglio in ciascuno di noi. Far parte del Regno dei cieli è anche cercare di accettare il modo di operare di Dio. La grandezza di Dio si manifesta soprattutto nel suo amore e nella sua misericordia e noi siamo chiamati ad essere la misericordia di Dio per gli uomini che incontriamo nella nostra vita.

Ringraziamo il Signore per queste parabole che ci rivolge oggi. Sappiamo le difficoltà che abbiamo nel mettere in pratica ciò che ci dice, ma la sfida diventa bella proprio per questo. Non spaventiamoci di fronte alla zizzania che cresce insieme al buon grano e non illudiamoci che siamo noi a raddrizzare tutto e subito. Bisogna avere tanta fiducia nel Signore e pregare che ci doni tanta pazienza. Nel nostro impeto di togliere la zizzania dal mondo, potremo rovinare il piano di Dio. Dice infatti san Benedetto nella sua Regola che nella nostra fretta “possiamo mandare a pezzi il vaso cercando di togliere la ruggine con troppo zelo”.

Chiediamo che il Signore ci insegni la sua pazienza e la sua misericordia e sostenuti dal suo amore possiamo davvero testimoniare la nostra fede nel mondo di oggi.

Buona domenica a tutti!

XV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

seminatoreIl seminatore che esce fuori per seminare domina la scena della parola di Dio di oggi e ci colpisce anche l’efficacia di questa parola che esce dalla bocca di Dio di cui ci parla la prima lettura e ci incuriosiscono i vari terreni dove il seme della parola cade. Ringraziamo il Signore per il dono della Sua Parola.

La parabola ci dice qualcosa di noto per significare qualcosa di ignoto. In questo senso si può dire tranquillamente che Gesù di Nazareth sia stato la parabola più bella di Dio per manifestare agli uomini il volto misericordioso del Padre. Ma anche Gesù nel raccontare le parabole alle folle ha il desiderio di manifestare a loro i misteri del Regno. Parlando delle realtà semplici della vita quotidiana, cerca in qualche modo di spiegare loro il mistero della sua stessa vita: il mistero d’amore di Dio per gli uomini. Anche nella parabola del seminatore abbiamo diversi elementi della vita quotidiana del popolo: il mare, la barca, le folle, il seminatore, la semina, i terreni ecc. Tutte realtà che però parlano di una realtà invisibile che è la realtà di Dio e del Suo regno.

Il seminatore che getta il seme anche sui terreni che non producono frutto potrebbe sembrare uno stolto, almeno ai nostri occhi. Invece, ci fa capire come Dio non scarti nessuno nella semina della sua parola, come non scelga i terreni dove gettare il seme. Ancora una volta egli è generoso nei confronti dell’uomo e dona a tutti il seme della Parola. Nel suo “spreco” vediamo l’amore suo e la sua generosità che va oltre le considerazioni e valutazioni umane.

Seminare è un atto di fede nel seme e nella terra. Seminando la sua parola in noi Dio fa un atto di fede nella bontà dei terreni del nostro cuore. La Sua parola è sempre efficace e ce lo dice chiaramente la prima lettura di oggi: bisogna vedere il resto, i terreni ad esempio dove cade questo seme.

La strada, il terreno sassoso e i rovi: qual è la sorte del seme che cade su questi terreni? Nel primo caso il seme scompare prima di attecchire. Nel secondo sembra attecchire, ma non cresce e alla prima calura è bruciato. Nel terzo caso, il seme attecchisce e cresce, ma senza maturare perché viene soffocato dai rovi. Se guardiamo bene è l’esperienza del ministero di Gesù: quante volte ha dovuto affrontare le esperienze di sconfitte nel portare agli altri il messaggio di suo Padre! Ma quel seme caduto sulla terra buona e dà il frutto va oltre ogni immaginazione. Dare cento per uno è quasi impossibile o meglio è possibile solo a Dio. Eppure Gesù dice che ci sono terreni che fruttano anche così tanto il seme della Parola.

Diciamo che anche il nostro vivere è un atto di fede in Dio e nell’uomo e in questo cammino il seme della Parola che cresce in noi ci aiuta. Dobbiamo cercare di togliere da noi i sassi e i rovi e curare il terreno del nostro cuore sempre. Le caratteristiche dei vari terreni sono caratteristiche che portiamo dentro di noi nei confronti della Parola di Dio. Ci sono momenti in cui siamo impenetrabili all’ascolto della Parola. Alle volte ascoltiamo volentieri e con gioia la Parola, ma le pressioni, interne ed esterne, non fanno crescere in noi questa parola. Altre volte lasciamo anche radicare e crescere in noi il seme della Parola, ma poi rimane soffocata dalle preoccupazioni e dall’inganno della ricchezza. In parte siamo anche terreno buono che con la grazia del Signore riesce a produrre frutti insperati per il Regno.

Il nostro impegno sarà sempre quello di togliere i sassi e i rovi e far di tutto perché la semina di Dio in noi produca frutti abbondanti. Che il Signore ci aiuti e ci accompagni in questo cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

XIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

umiltà_e_semplicità Venite a me e imparate da me: questo è l’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi oggi attraverso la sua parola. Siamo chiamati a stare alla scuola di Gesù e imparare da lui ciò che ci serve per affrontare il cammino quotidiano della vita. Siccome ciascuno di noi può sentirsi stanco ed oppresso in vari momenti della propria vita, questo invito è da custodire come un tesoro e chiediamo che il Signore ci doni sempre la sua parola.

Il brano che oggi, nella prima parte ci parla della lode che Gesù rende al Padre per il suo disegno di salvezza per gli uomini. Nella seconda, della reciprocità della relazione tra il Padre e il Figlio e nella terza ci mostra che cosa dobbiamo fare per essere davvero discepoli del Signore.

Il punto di partenza è la relazione tra il Padre e il Figlio perché il progetto di salvezza per gli uomini parte dall’amore di Dio e il Figlio realizza questo piano incarnandosi e offrendo la propria vita per gli uomini. Ma è difficile da capire per gli uomini. Ecco allora la mediazione del Figlio perché l’uomo possa comprendere i misteri del Regno: è il Figlio che rivela il volto del Padre. Anche quando il Figlio rivela il Padre, ci sono persone che non l’accolgono: i dotti e i sapienti di questa terra sono talmente pieni di sé che non trovano posto per accogliere questo mistero. Infatti l’Evangelista ci presenta, sempre in questo undicesimo capitolo, il rifiuto che Gesù riceve e il suo lamento nei confronti della sua generazione e delle città che non hanno accolto il suo messaggio. Coloro che ricevono il Regno sono i poveri e i piccoli, coloro, cioè che sentono il bisogno di Dio e non si considerano tanto autosufficienti da rifiutarlo.

Ecco da dove parte la danza della lode, questa esplosione di gioia di Gesù nel riconoscere in questa accoglienza un progetto di amore del Padre per tutta l’umanità. Ma nell’accogliere il Regno, il discepolo ha da fare ancora tanta strada: essere stanchi ed oppressi potrebbe essere una realtà sperimentata da tutti i discepoli. Il Maestro lo sa, considera questa possibilità e anche in quei momenti non vuole lasciare soli i suoi discepoli: Venite a me voi tutti ed imparate da me, continua a ripetere a ciascuno di noi.

Essere piccoli, umili e poveri non sono cose che piacciono al mondo di oggi. Nel nostro vivere quotidiano, siamo soliti a giudicare le persone per quello che hanno piuttosto che per quello che sono veramente. Ci attira di più, l’avere che l’essere. Il Signore indica tutta un’altra strada: la sua nascita in una grotta, la vita come un povero: a coloro che volevano seguirlo aveva detto che il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo, la sua morte come il peggiore dei malfattori sulla croce. Tutto ci manifesta l’esaltazione dell’umiltà e della semplicità. Non sarà però la croce la fine, ma la gloria della risurrezione. Ecco, lui è l’unico che ci può tranquillamente dire: Imparate da me. Noi vogliamo seguire questa persona nel nostro vivere quotidiano. Vogliamo puntare sulla qualità della persona piuttosto che su quello che ha materialmente. Allora possiamo essere anche noi suoi veri discepoli.

Sentiamoci anche noi i piccoli del Regno, coloro che hanno come punto di riferimento il Signore. Lui illumina la nostra vita con il suo esempio e noi vogliamo essere la luce del mondo con la nostra vita. Affidiamoci a lui e chiediamo che la luce dello Spirito Santo illumini la nostra strada e ci accompagni in questo cammino la misericordia del Padre.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 Prendere la croce e seguire, accogliere il discepolo: possiamo sintetizzare in questi due termini il messaggio del Vangelo di oggi. Per seguire Cristo bisogna prendere la croce e nella missione dell’evangelizzazione l’accoglienza ha un posto fondamentale.

Non si segue una persona che non si ama: questo è vero anche nel nostro cammino dietro a Gesù. Se non lo si ama, andare dietro a lui vorrebbe dire aspettare qualcosa da lui. In questo caso l’intenzione nostra non è pura ma contaminata. Invece se si vuol veramente bene al Signore diventa lui il punto centrale della vita, diventa la priorità. Il cammino che Gesù ci ha fatto vedere con la sua vita è un cammino verso la croce, ovviamente è un passaggio verso la gloria della risurrezione. Ma conoscendo il cammino del Maestro, anche il discepolo non deve cercare di evitare la croce dalla propria vita. Quindi nella scelta del Signore uno deve considerare il marchio della croce. Coloro che vogliono seguire il Signore, ma evitano la croce, non sono degni di lui. Questo diventa un invito anche per noi di considerare come seguiamo il Signore.

Dobbiamo anche considerare il fatto che la croce è il segno di salvezza per coloro che credono in lui. Quindi prendere su di noi la croce quotidiana vuol dire abbracciare questo segno di salvezza nel nostro cammino. In quest’ottica evitare la croce significherebbe evitare la salvezza. Bisogna ricordarci sempre che il cammino del discepolo è dietro il Maestro, seguire le orme tracciate da lui. Quindi anche quando il cammino diventa difficile, il peso della croce sembra superiore alla nostra portata, bisogna essere certi che non siamo soli, non ci abbandona mai.

In questo cammino dietro al Maestro, c’è da considerare il fatto dell’accoglienza. Gesù dice che anche un solo bicchiere d’acqua fresca non perderà la ricompensa. Pensate al caldo e al deserto e un bicchiere di acqua fresca: si potrebbe tranquillamente accorgere che non è una cosa di poco conto. Con la nostra mentalità di oggi forse è un gesto poco significativo, ma per gli ascoltatori di Gesù era qualcosa di fondamentale. Nello stesso tempo è un elemento naturale che non si nega a nessuno. Quindi un gesto semplice, normale ma che ha una sua importanza nel contesto in cui viene svolto il gesto. Così deve essere anche l’accoglienza che si dà ad un discepolo del Signore.

Il fondamento dell’accoglienza del discepolo è ancora l’accoglienza del Maestro: siccome lui ci ha accolti per primi e ci ha lasciato l’esempio del servizio, anche noi siamo chiamati ad accoglierci gli uni gli altri. E’ evidente il riferimento ai primi discepoli che andavano in giro per predicare. Pensate anche ai tanti missionari che sono partiti dalla loro terra d’origine ai paesi lontani per l’evangelizzazione. L’invito di Gesù è per tutte quelle persone che si incontrano con i missionari di ogni tempo. Un’accoglienza fatta a loro non perderà la ricompensa. E noi, a nostra volta siamo chiamati ad accogliere ogni discepolo del Signore.

Quindi ognuno di noi è stato mandato dalla Santissima Trinità al momento del Battesimo per portare agli altri la buona notizia del Vangelo. E nello svolgimento di questa missione ognuno di noi è chiamato a prendere l’esempio dal Maestro e seguirlo sulla via della croce. Questo si realizza accogliendo gli uni gli altri. Il punto di partenza è Dio e il punto di arrivo è ancora lui e in mezzo c’è da prendere la croce e accogliere i fratelli. Questo è il nostro cammino, questo è il cammino di tutta la chiesa e se ce lo dimentichiamo ci disperdiamo.

Chiediamo l’aiuto dello Spirito Santo perché ci illumini e ci aiuti a percorrere serenamente il cammino dietro al Maestro e ci dia la grazia e il coraggio di accogliere tutti durante questo cammino.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu