XIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

umiltà_e_semplicità Venite a me e imparate da me: questo è l’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi oggi attraverso la sua parola. Siamo chiamati a stare alla scuola di Gesù e imparare da lui ciò che ci serve per affrontare il cammino quotidiano della vita. Siccome ciascuno di noi può sentirsi stanco ed oppresso in vari momenti della propria vita, questo invito è da custodire come un tesoro e chiediamo che il Signore ci doni sempre la sua parola.

Il brano che oggi, nella prima parte ci parla della lode che Gesù rende al Padre per il suo disegno di salvezza per gli uomini. Nella seconda, della reciprocità della relazione tra il Padre e il Figlio e nella terza ci mostra che cosa dobbiamo fare per essere davvero discepoli del Signore.

Il punto di partenza è la relazione tra il Padre e il Figlio perché il progetto di salvezza per gli uomini parte dall’amore di Dio e il Figlio realizza questo piano incarnandosi e offrendo la propria vita per gli uomini. Ma è difficile da capire per gli uomini. Ecco allora la mediazione del Figlio perché l’uomo possa comprendere i misteri del Regno: è il Figlio che rivela il volto del Padre. Anche quando il Figlio rivela il Padre, ci sono persone che non l’accolgono: i dotti e i sapienti di questa terra sono talmente pieni di sé che non trovano posto per accogliere questo mistero. Infatti l’Evangelista ci presenta, sempre in questo undicesimo capitolo, il rifiuto che Gesù riceve e il suo lamento nei confronti della sua generazione e delle città che non hanno accolto il suo messaggio. Coloro che ricevono il Regno sono i poveri e i piccoli, coloro, cioè che sentono il bisogno di Dio e non si considerano tanto autosufficienti da rifiutarlo.

Ecco da dove parte la danza della lode, questa esplosione di gioia di Gesù nel riconoscere in questa accoglienza un progetto di amore del Padre per tutta l’umanità. Ma nell’accogliere il Regno, il discepolo ha da fare ancora tanta strada: essere stanchi ed oppressi potrebbe essere una realtà sperimentata da tutti i discepoli. Il Maestro lo sa, considera questa possibilità e anche in quei momenti non vuole lasciare soli i suoi discepoli: Venite a me voi tutti ed imparate da me, continua a ripetere a ciascuno di noi.

Essere piccoli, umili e poveri non sono cose che piacciono al mondo di oggi. Nel nostro vivere quotidiano, siamo soliti a giudicare le persone per quello che hanno piuttosto che per quello che sono veramente. Ci attira di più, l’avere che l’essere. Il Signore indica tutta un’altra strada: la sua nascita in una grotta, la vita come un povero: a coloro che volevano seguirlo aveva detto che il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo, la sua morte come il peggiore dei malfattori sulla croce. Tutto ci manifesta l’esaltazione dell’umiltà e della semplicità. Non sarà però la croce la fine, ma la gloria della risurrezione. Ecco, lui è l’unico che ci può tranquillamente dire: Imparate da me. Noi vogliamo seguire questa persona nel nostro vivere quotidiano. Vogliamo puntare sulla qualità della persona piuttosto che su quello che ha materialmente. Allora possiamo essere anche noi suoi veri discepoli.

Sentiamoci anche noi i piccoli del Regno, coloro che hanno come punto di riferimento il Signore. Lui illumina la nostra vita con il suo esempio e noi vogliamo essere la luce del mondo con la nostra vita. Affidiamoci a lui e chiediamo che la luce dello Spirito Santo illumini la nostra strada e ci accompagni in questo cammino la misericordia del Padre.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

fariseo_e_pubblicano_oroCi aveva parlato, Gesù, della necessità di pregare: quando pregare? Sempre, ci diceva con la parabola della vedova insistente e il giudice disonesto. Oggi ci dice come deve essere la nostra preghiera e porta come esempio due atteggiamenti: quello del fariseo e del pubblicano.

Tutti e due si presentano nel tempio, luogo privilegiato della presenza di Dio dove si entra per creare un rapporto personale con Dio e per rivedere certi nostri atteggiamenti interiori. Anche se il luogo è lo stesso, i due non pregano allo stesso modo. Già le posizioni che assumono nella loro preghiera sono significative: uno sta in piedi, sicuro di sé e si rivolge a Dio come uno che non aveva nulla temere. L’altro non alza neanche lo sguardo al cielo e si batte il petto in segno di richiesta di aiuto. E Dio che vede il cuore esalta l’umiltà del secondo e dice che tornò a casa giustificato a differenza dell’altro.

Che cosa c’era di negativo nei comportamenti del fariseo? In fondo faceva le cose giuste e anzi, faceva molto di più del richiesto. Quindi Gesù non condanna le buone opere che ha compiuto, ma quel senso di autosufficienza che mette fuori dalla propria vita Dio stesso. Nella sua preghiera, il fariseo, non rende gloria a Dio per i doni che gli ha dato ma perché egli, con le sue forze è riuscito a fare una serie di opere e  disprezza il pubblicano. “Solo io sono giusto e tutti gli altri sono peccatori”: questo è l’atteggiamento di base della preghiera del fariseo.

Quel “tornò a casa giustificato” non è l’approvazione di quello che aveva fatto nella sua vita il pubblicano. Veniva considerato come un peccatore pubblico ed era un nemico dichiarato del popolo perché estorceva le tasse per l’impero romano. Gesù approva invece, il modo di mettersi davanti a Dio del pubblicano che riconosce il proprio peccato e non si degna neanche di alzare gli occhi al cielo e prega Dio battendosi il petto. Questo atteggiamento purifica il suo cuore e torna a casa giustificato da Dio.

Quali sono i nostri atteggiamenti nella preghiera? Riusciamo anche noi a stare davanti al Signore con un cuore contrito e batterci il petto perché vogliamo chiedere misericordia da Lui? San Benedetto, al vertice dei dodici gradini della scala dell’umiltà cita proprio questa parabola e indica il pubblicano come modello di preghiera per il monaco. Un padre del deserto dice che chi riconosce i propri peccati è più grande di chi risuscita i morti; e chi sa confessare i propri peccati al Signore e ai fratelli è più grande di chi fa miracoli nel servire gli altri.

Riconoscere il nostro peccato davanti a Dio è lasciarci accogliere e perdonare da Dio: solo Dio può guarire la nostra debolezza. Non bisogna guardare agli altri con un occhio cattivo per vedere le loro mancanze: Gesù ci dice di stare attenti alla trave nel nostro occhio prima di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello.

Lasciamoci conquistare dalla misericordia e dall’amore di Dio che perdona le nostre mancanze e ci rende capaci di perdonare e amare gli altri. Chiediamo che ci doni la sua forza per essere umili e riconoscenti della sua grazia nel nostro cammino di fede. Che la luce dello Spirito ci accompagni ogni giorno della nostra vita.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XXII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

papa-lavanda-dei-piediInevitabile il pensiero alle tante vittime del terremoto e alle loro famiglie: la vicinanza a loro deve essere prima di tutto nella preghiera perché il Signore possa dare la sua consolazione e speranza e che la solidarietà degli uomini faccia il resto in questa situazione difficile.

Invitati alle nozze del Signore! Immaginate quale grande chiamata il Signore ci ha dato! Bisognerebbe rendersene conto e fare di tutto perché siamo pronti e degni di esserne parte. Il primo sentimento quindi di fronte alla Parola di oggi è proprio quello di ringraziamento al Signore.

Quanto più sei grande, tanto più fatti umile è l’invito che ci viene dalla prima lettura. Il Vangelo ci esorta a scegliere gli ultimi posti. Se guardiamo alla natura, c’è un insegnamento continuo di questo tipo. Ad esempio, gli alberi da frutta quasi si chinano verso di noi quando sono pieni e si raddrizzano quando non ci sono più di frutti. L’uomo invece sembra abituato a fare il contrario: non c’è neanche bisogno che abbia qualche qualità, basta che pensi di averne qualcuna, che subito si inorgoglisce e non vede più quelli che ha intorno. Si drizza come un albero senza frutto.

L’invito che tutta la parola di Dio di oggi ci rivolge è di rivedere i nostri atteggiamenti interiori nei confronti del prossimo e di essere umili e semplici nella nostra vita perché Dio dona la sua grazia per coloro che si sentono bisognosi di lui. E’ particolarmente buffa la situazione che Gesù mette davanti ai suoi ascoltatori. Gesù osserva e vede che gli invitati scelgono i primi posti e allora invita loro a fare il contrario, cioè a scegliere l’ultimo posto per evitare umiliazioni ed eventualmente essere invitato ad andare avanti. Situazioni di disagio e dispiacere un po’ per tutti! Gesù vede il cuore degli uomini e sa che il desiderio di primeggiare c’è sempre nel cuore umano.

Insegnamento anche per colui che l’aveva invitato: Non invitare coloro che possano ricambiare. Qui l’invito diventa ancora più importante e ci interroga più da vicino. Il nostro rapporto con gli altri si basa sulla gratuità oppure ciò che ci muove è non si fa nulla per niente. Nella nostra vita quotidiana ci sono vari momenti in cui veniamo a contatto con altre persone e abbiamo sempre la possibilità di attuare l’insegnamento del Vangelo. Però, sappiamo quanto sia difficile entrare in questa logica. Alle volte ci sembra che tutto il mondo sia ingrato e siamo noi che sempre subiamo i torti. Invece bisognerebbe avere un occhio ai nostri atteggiamenti nei confronti degli altri per capire che non sono alla fin dei conti peggiori di noi. San Paolo ci dice che bisogna sempre considerare gli altri migliori di noi.

Il desiderio di primeggiare deve essere moderato con l’esercizio dell’umiltà. Essere umili non vuol dire lasciarsi umiliare dagli altri. Quando viene schiaffeggiato davanti a Pilato, Gesù domanda al Soldato: Se ho detto la verità, perché mi percuoti? E’ una domanda che lascia di stucco. La vera umiltà è quello di riconoscere il proprio stato nella verità e non per quello che gli altri dicono di noi né per quello che vorremmo essere e non siamo realmente. La corsa per il primo posto ci fa capire che c’è il nostro io che vuole prevalere e non tiene conto degli altri o li considera inferiori a noi.

Sappiamo che il cammino non è facile e allora affidiamoci alla misericordia del Padre e chiediamo che ci dia una vera conoscenza di noi stessi perché possiamo essere migliori sia nell’essere ospiti sia nell’essere persone che ospitano gli altri. Che il Signore ci aiuti.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu