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Scopertura S.S. Crocifisso – Settembre 2021
XX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Il brano del Vangelo di oggi è un grande inno alla fede di una donna pagana. Ci fa capire come la salvezza portata da Gesù abbraccia tutto l’universo e non esclude nessuno dall’abbraccio della sua misericordia. Ci dice che noi siamo chiamati a perseverare nella nostra fede anche quando dobbiamo aspettare con pazienza i tempi di Dio e non dettare tempi al Signore.
Gesù teneva sempre in grande considerazione la fede della gente e si lamentava quando vedeva che in certe situazioni veniva a mancare. “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”, aveva chiesto a Pietro che affondava. Quando i discepoli non hanno potuto scacciare il demonio Gesù aveva detto loro che non c’erano riusciti per la loro poca fede. È rimasto quasi sorpreso dall’incredulità dei suoi compaesani e il Vangelo ci dice che non poté compiere tanti miracoli proprio per questa incredulità. La richiesta dei segni da parte degli scribi e dei farisei veniva considerata da Gesù come dimostrazione della loro poca fede in lui e li chiama generazione perversa e degenere. Elogia però la grande fede del centurione che gli dice: “Signore, non sono degno che entri sotto il tetto di casa mia: dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Nel compiere miracoli tante volte vediamo come Gesù tasta il polso della fede della gente e proprio per la loro fede offre loro ciò che desiderano.
L’episodio di questa domenica è commovente. Uno sguardo al luogo: Gesù si ritira nelle parti di Tiro e di Sidone che sono territori pagani. Aveva affrontato l’ipocrisia degli scribi e di farisei e aveva detto loro che quello che esce dal cuore dell’uomo è ciò che lo contamina e non ciò che entra da fuori. Quindi c’è quasi un tentativo di sfuggire questa incredulità andando verso i territori pagani e facendo capire che è venuto a portare la salvezza per tutti. Anche la donna cananea esce: esce dalla sua incredulità e va verso colui che può davvero donare la fede. Sa che questo Rabbì ebreo è diverso, sa che può darle ciò che vuole. Chiede che Gesù abbia pietà di lei: la pietà che chiede è la guarigione della figlia. Non pretende nulla da Gesù, non vuole forzargli la mano, ma gli chiede solo pietà.
L’atteggiamento di Gesù è sorprendente: la misericordia in persona non le rivolge nemmeno una parola, ci spiazza tutti. Adesso c’è la mediazione dei discepoli. Non tanto perché avevano compassione di lei, ma almeno per toglierla di torno ed essere lasciati in pace. Ma ancora una volta il rifiuto di Gesù: la mia missione è per le pecore perdute della casa d’Israele. Alla seconda domanda della donna la risposta di Gesù è ancora più dura e sembra tagliare le gambe ad ogni minima speranza eppure con una risposta che rivela tutta la sua umiltà e fiducia in Gesù, la donna ottiene ciò che desidera. Alla grande fede della donna risponde la grande misericordia di Dio e la sua figlia viene guarita. Non solo ottiene le briciole che cadono dal tavolo del padrone, ma proprio il pane.
“Donna, grande è la tua fede” le dice Gesù. Questo è il grande insegnamento che ci viene dalla parola di Dio di oggi. Forse siamo portati a guardare di più al rifiuto che Gesù le rivolge e poco a ciò che ha ottenuto con la sua tenacia e perseveranza nella fede. Non è facile il cammino di fede neanche per noi e quante volte ci lamentiamo che Dio non ci ascolta! Eppure Dio continuamente ci ascolta e anche quando sembra non risponderci, ci sta preparando a dare una risposta solida di fede dimostrando tutta la nostra fiducia in lui. Possiamo forzare la mano del Signore in nostro favore solo con la nostra fede e fiducia in lui. Dove c’è un cuore che nel suo profondo riconosce la Sua onnipotenza e chiede solo pietà, Dio non può non rispondere.
La donna cananea, una donna considerata pagana dal popolo scelto, diventa maestra per noi e ci invita a fissare lo sguardo su Gesù per evitare la poca fede. Continuiamo il nostro cammino fiduciosi nella misericordia del Padre e chiediamo che lo Spirito ci illumini la strada.
Buona domenica a tutti!
XVI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Dopo averci parlato dei terreni diversi che accolgono il seme della Parola, Gesù ci invita oggi a purificare i nostri sguardi nei confronti degli altri che camminano insieme con noi. È vero che abbiamo delle difficoltà nei nostri sguardi, ma è proprio una questione di sguardi il nostro cammino di fede.
Come mai Signore? Perché non intervieni? Sono delle grida che innalziamo a Dio in vari momenti della nostra vita. Il tutto e subito fa parte della nostra vita e del nostro modo di giudicare le cose e faccende di questo mondo, fa parte del nostro ragionamento. Eppure non è la logica del Regno. Noi gridiamo al Signore; andiamo a sradicare, a togliere e a purificare? Egli dice: no, lasciali crescere insieme. È difficile capire la logica di Dio, ma imparare dal Maestro significa proprio entrare in questa logica. L’amore, la pazienza e la misericordia di Dio supera infinitamente i nostri giudizi. Eppure, stranamente ma veramente, chi beneficia di questa misericordia e pazienza di Dio sono proprio io. Se il Signore agisse come vorrebbero i servi chissà dove sarei! Quindi bisognerebbe ringraziarlo ogni giorno per la sua pazienza per me.
I servi sono delusi ed amareggiati nel vedere la zizzania insieme al buon grano e non nascondono i loro sentimenti davanti al padrone. Vedono solo l’erba cattiva e non sanno come fare per toglierla. Invece, il padrone vede il grano buono: non vuole l’intervento dei servi proprio per non distruggerlo. Sa che ci vuole del tempo per distinguere la zizzania dal grano buono. Ce lo dicono anche le altre due parabole: perché il piccolo seme diventi un albero grande da offrire il rifugio per gli uccelli del cielo ci vuole tempo. Anche il lievito ha bisogno del tempo per lievitare la pasta. Pazienza, pazienza, pazienza, ci dice, a noi frettolosi, il Signore oggi. Abbiamo sempre bisogno di riprendere il cammino di conversione verso la misericordia di Dio.
La potenza di Dio non si manifesta come vuole l’uomo. San Paolo ci dice che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza dell’uomo. Sul monte Oreb il profeta Elia aspetta di vedere la presenza di Dio: terremoto, fuoco e vento forte, ma Dio non c’è, il Signore gli si manifesta in una leggera brezza. Il granello di senape e il lievito ci spiegano questa semplicità e umiltà del Regno: non c’è da scandalizzarsi di fronte alla “piccolezza” del Regno, ma adoperarsi perché cresca sempre di più e meglio in ciascuno di noi. Far parte del Regno dei cieli è anche cercare di accettare il modo di operare di Dio. La grandezza di Dio si manifesta soprattutto nel suo amore e nella sua misericordia e noi siamo chiamati ad essere la misericordia di Dio per gli uomini che incontriamo nella nostra vita.
Ringraziamo il Signore per queste parabole che ci rivolge oggi. Sappiamo le difficoltà che abbiamo nel mettere in pratica ciò che ci dice, ma la sfida diventa bella proprio per questo. Non spaventiamoci di fronte alla zizzania che cresce insieme al buon grano e non illudiamoci che siamo noi a raddrizzare tutto e subito. Bisogna avere tanta fiducia nel Signore e pregare che ci doni tanta pazienza. Nel nostro impeto di togliere la zizzania dal mondo, potremo rovinare il piano di Dio. Dice infatti san Benedetto nella sua Regola che nella nostra fretta “possiamo mandare a pezzi il vaso cercando di togliere la ruggine con troppo zelo”.
Chiediamo che il Signore ci insegni la sua pazienza e la sua misericordia e sostenuti dal suo amore possiamo davvero testimoniare la nostra fede nel mondo di oggi.
Buona domenica a tutti!
VII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In tutto il discorso della montagna l’invito che Gesù rivolge ai suoi ascoltatori è quello di superare la giustizia degli scribi e dei farisei per entrare a far parte del regno dei cieli. Il pieno adempimento che Gesù è venuto a portare è l’amore che il discepolo dovrà mettere in tutto ciò che fa nel suo cammino, nella sua relazione con Dio e con il prossimo.
La legge del taglione, “occhio per occhio e dente per dente” nonostante la sua apparente crudeltà, era una legge restrittiva creata perché chi ha subito un torto non ecceda nella sua vendetta personale. C’erano delle situazioni in cui la vendetta si estendeva perfino ai familiari e alla tribù stessa. La legge fu fatta proprio perché ciò non accadesse. Quindi in qualche modo tentava di rompere il cerchio della violenza. Gesù dice che non bisogna vendicarsi e non bisogna neanche opporsi in resistenza al malvagio. La novità è ancora una volta l’esempio di Gesù che accetta il sacrificio sulla croce nonostante fosse innocente.
L’invito ad amare i nemici e pregare per loro è qualcosa che continua a far violenza con il nostro modo di agire quotidiano. Già si fa fatica ad amare i nostri amici come si deve, perché anche nel nostro amore verso gli altri in qualche modo si nasconde un desiderio di tornaconto. Abbiamo delle aspettative nel nostro amore verso gli altri ed è difficile toglierci di dosso questi sentimenti. Gesù invece non ci vuole semplicemente mediocri: la sfida che lancia è quello di superare il modo di agire dei pubblicani e dei pagani. Se amate solo quelli che vi amano … se date il saluto soltanto ai vostri fratelli: sono parole che stuzzicano il nostro essere cristiani nel mondo di oggi e sappiamo che siamo sollecitati ad accettare questo invito nel nostro cammino.
Ma lo sfondo di tutto il discorso è il riferimento al Padre celeste. Infatti se pensiamo la parola di Dio di oggi come un’immagine con una cornice, l’invito ad essere come il Padre è ciò che inizia il discorso nella prima lettura ed è l’invito con cui si conclude il Vangelo. E dentro questa cornice si racchiude tutta la Parola di Dio di oggi. Tutte le altre esortazioni hanno lo scopo di farci riflettere sulla figura del Padre. Sappiamo che non arriveremo mai ad essere come il Padre eppure è la meta alla quale Gesù si spinge. Questo ci fa capire che nonostante le difficoltà che incontriamo sulla strada della fede bisogna guardare al Padre come la meta della nostra vita e non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalla sua grandezza.
Il movimento del nostro cammino parte dall’essere come i pubblicani e i pagani per andare verso l’essere come il Padre celeste. Mentre nel comportamento dei pubblicani e dei pagani si sottolinea il semplice amore tra i pari, nel comportamento del Padre si sottolinea il suo amore e la sua misericordia che vanno oltre la considerazione degli uomini come giusti ed ingiusti e buoni e cattivi. Due modelli di vita, se vogliamo, che Gesù ci mette davanti esortandoci ad essere come il Padre.
Sappiamo le difficoltà che affrontiamo nel nostro cammino di fede, sappiamo che l’invito di Gesù è bello, ma riconosciamo anche le nostre fragilità, le nostre paure. Gesù non ci vuole spaventare, ma incoraggiare ad avere uno sguardo superiore per la nostra vita. E’ bello accogliere questo invito e nonostante le nostre titubanze ci affidiamo alla sua grazia, alla sua misericordia e al suo amore perché possiamo andare avanti sereni nel cammino della nostra vita.
Che lo Spirito del Padre ci assista e ci accompagni nel nostro cammino di santità.
Buona domenica a tutti!
P. Sabu
La Misericordia cambia la vita – in conclusione del Giubileo
XXX° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Ci aveva parlato, Gesù, della necessità di pregare: quando pregare? Sempre, ci diceva con la parabola della vedova insistente e il giudice disonesto. Oggi ci dice come deve essere la nostra preghiera e porta come esempio due atteggiamenti: quello del fariseo e del pubblicano.
Tutti e due si presentano nel tempio, luogo privilegiato della presenza di Dio dove si entra per creare un rapporto personale con Dio e per rivedere certi nostri atteggiamenti interiori. Anche se il luogo è lo stesso, i due non pregano allo stesso modo. Già le posizioni che assumono nella loro preghiera sono significative: uno sta in piedi, sicuro di sé e si rivolge a Dio come uno che non aveva nulla temere. L’altro non alza neanche lo sguardo al cielo e si batte il petto in segno di richiesta di aiuto. E Dio che vede il cuore esalta l’umiltà del secondo e dice che tornò a casa giustificato a differenza dell’altro.
Che cosa c’era di negativo nei comportamenti del fariseo? In fondo faceva le cose giuste e anzi, faceva molto di più del richiesto. Quindi Gesù non condanna le buone opere che ha compiuto, ma quel senso di autosufficienza che mette fuori dalla propria vita Dio stesso. Nella sua preghiera, il fariseo, non rende gloria a Dio per i doni che gli ha dato ma perché egli, con le sue forze è riuscito a fare una serie di opere e disprezza il pubblicano. “Solo io sono giusto e tutti gli altri sono peccatori”: questo è l’atteggiamento di base della preghiera del fariseo.
Quel “tornò a casa giustificato” non è l’approvazione di quello che aveva fatto nella sua vita il pubblicano. Veniva considerato come un peccatore pubblico ed era un nemico dichiarato del popolo perché estorceva le tasse per l’impero romano. Gesù approva invece, il modo di mettersi davanti a Dio del pubblicano che riconosce il proprio peccato e non si degna neanche di alzare gli occhi al cielo e prega Dio battendosi il petto. Questo atteggiamento purifica il suo cuore e torna a casa giustificato da Dio.
Quali sono i nostri atteggiamenti nella preghiera? Riusciamo anche noi a stare davanti al Signore con un cuore contrito e batterci il petto perché vogliamo chiedere misericordia da Lui? San Benedetto, al vertice dei dodici gradini della scala dell’umiltà cita proprio questa parabola e indica il pubblicano come modello di preghiera per il monaco. Un padre del deserto dice che chi riconosce i propri peccati è più grande di chi risuscita i morti; e chi sa confessare i propri peccati al Signore e ai fratelli è più grande di chi fa miracoli nel servire gli altri.
Riconoscere il nostro peccato davanti a Dio è lasciarci accogliere e perdonare da Dio: solo Dio può guarire la nostra debolezza. Non bisogna guardare agli altri con un occhio cattivo per vedere le loro mancanze: Gesù ci dice di stare attenti alla trave nel nostro occhio prima di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello.
Lasciamoci conquistare dalla misericordia e dall’amore di Dio che perdona le nostre mancanze e ci rende capaci di perdonare e amare gli altri. Chiediamo che ci doni la sua forza per essere umili e riconoscenti della sua grazia nel nostro cammino di fede. Che la luce dello Spirito ci accompagni ogni giorno della nostra vita.
Buona domenica a tutti!
P. Sabu
XXVIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Grazie! Una parola magica. Quante volte al giorno diciamo questa parola e quante volte lo sentiamo dire dagli altri! Certe volte qualcuno lo dice tanto per dire, superficialmente, ma altre volte nasce proprio dal cuore e ha un sapore tutto particolare. Alle volte non bisogna neanche dirlo con le labbra e basta un cenno, un sorriso per intendersi.
Nel nostro vivere quotidiano ci sono dei momenti in cui il rendimento di grazie diventa importante. Appena ci svegliamo il pensiero va al Signore e lo ringraziamo per averci donato un nuovo giorno. Ci sono dei momenti in cui lo ringraziamo per tutti i doni che ci dà. Alle volte lo ringraziamo per le persone che ci ha messo accanto. Ma ci sono purtroppo delle occasioni in cui prendiamo le cose troppo per scontate e non ringraziamo abbastanza: capita nel rapporto con Dio, ma anche nel rapporto con il nostro prossimo. Ogni tanto bisogna ricordarsi che la preghiera più bella è quella del ringraziamento e di lode e solo dopo arriva quella della supplica.
Il Vangelo ci presenta una situazione particolarmente significativa: sono dieci i lebbrosi che vengono guariti, ma solo uno ritorna per ringraziare Gesù. La parola di Dio sottolinea che quest’uomo era un samaritano. Gli altri, quindi, erano israeliti e si aspettava un certo comportamento da loro. Eppure si rivelano non all’altezza del loro essere israeliti.
Ciò che conta, allora, non è essere parte di una certa categoria di persone, ma di aver fede. Domenica scorsa la Parola di Dio ci invitava ad avere la fede quanto un granello di senape e oggi ci dice che la fede è alla base della nostra salvezza. Infatti al lebbroso, guarito e ritornato, Gesù dice: “La tua fede ti ha salvato”. Non solo acquista la guarigione esteriore, ma anche la guarigione dell’anima che in fondo è la cosa più importante.
Come ci comportiamo noi nel nostro cammino di vita interiore? Prima di tutto bisogna capire se siamo persone grate, capaci di ringraziare Dio e il prossimo per tutto quello che si ha nella vita o siamo talmente superficiali che prendiamo tutto per scontato e abbiamo un cuore ingrato. Se siamo cristiani ci si aspetta un modo di agire da ciascuno di noi. Non perché qualcuno ci obbliga, ma perché l’abbiamo scelto noi. Il punto di partenza di ogni giorno sia il nostro ringraziamento al Signore e la nostra fede in lui. Non basta essere guariti esteriormente che è già una cosa meravigliosa, ma essere guariti interiormente è davvero molto più importante.
Anche il lebbroso quando torna lo fa lodando il Signore e poi si prostra davanti a Gesù per ringraziarlo. Sono degli atteggiamenti di qualsiasi discepolo del Signore. Continuiamo la preghiera dei discepoli: Signore, aumenta la nostra fede, ma diciamogli pure grazie perché con la sua presenza ci sostiene e guarisce le nostre infermità interiori.
Chiediamo che lo Spirito del Signore ci aiuti a comprendere sempre meglio la Sua parola e ci aiuti ad essere sempre grati per i meravigliosi doni che ci elargisce nella sua bontà e misericordia.
Buona domenica a tutti!
P. Sabu
Festa di inizio anno catechistico – I Semi della Misericordia
Domenica 9 Ottobre festeggeremo insieme l’inizio anno catechistico 2016-2017, durante la celebrazione delle ore 11:00 verrà consegnato il mandato a tutti i catechisti, animatori e gruppi parrocchiali che operano all’interno della nostra comunità per l’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani.
Il tema dell’anno, in continuità con il Giubileo che si concluderà in novembre prossimo, sarà “I Semi della Misericordia“, e durante l’omelia di domenica ne verrà spiegato il significato, legato anche al Vangelo di domenica.
Dopo la messa pranzo comunitario nel salone parrocchiale. Tutti i ragazzi e le loro famiglie sono invitati a partecipare.
XXIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Possiamo chiamare questa domenica “Domenica della Misericordia”. Tutta la Parola di Dio di oggi ha questo tocco divino del perdono e soprattutto nella parabola del figliol prodigo ha il suo culmine la misericordia di Dio per gli uomini: un’esaltazione della gioia del perdono dato e ricevuto.
La prima lettura ci presenta la figura di Mosè come colui che intercede presso Dio per il popolo e riesce a cambiare il cuore di Dio che si “pente” e non manda il male che aveva minacciato di fare al Suo popolo. Un Dio minaccioso che diventa misericordioso davanti alla supplica di questo uomo che rimane come un mediatore potente per il popolo. Anche la seconda lettura ci parla della misericordia di Dio che si muove verso i peccatori e san Paolo quasi si vanta ad essere un peccatore proprio perché Cristo è venuto a salvare i peccatori e non i giusti.
Il brano del Vangelo è uno di quelli molto conosciuti e come tale rischia di passare senza toccarci il cuore. Invece è una parabola che deve essere meditata ogni volta che ne abbiamo l’occasione perché ogni volta ci sorprende con la sua novità.
Dovremmo davvero stupirci guardando il comportamento del figliol prodigo? Penso proprio di no. Nella vita di ciascuno di noi ci sono momenti di tradimento e di rinnegamento, momenti di allontanamento dalla casa del Padre, momenti di sperpero dei doni ricevuti dal Signore. Ci accorgiamo di essere lontani dal Signore e maledettamente infelici anche quando sembra che non ci manchi nulla. Si sente il bisogno del Padre perché l’unico che può donarci la vera gioia e pace nel cuore. Ma è un’esperienza che abbiamo fatto diverse volte nel cammino della nostra vita e non dovrebbe neanche scandalizzarci più di tanto.
Questa parabola è un ricordo: un ricordo delle braccia della Misericordia, personificata in Cristo Gesù, un ricordo dell’amore di Dio che si fa dono totale sulla croce. Un amore che ci invita a svegliarci e metterci in cammino verso la Misericordia. Il vero scandalo è l’amore del Padre che perdona oltre ogni immaginazione. E’ scandalo perché ci sfida, e mentre per noi è facile paragonarci al figliol prodigo o anche al figlio maggiore, il volto del Padre misericordioso ci interroga e ci chiede di cercare di capire dove siamo nel nostro cammino. L’amore di questo padre verso il suo figlio ci ricorda che siamo amati così dal Signore e a nostra volta siamo chiamati ad essere segno della misericordia di Dio per gli uomini. E’ questa la vera sfida per ogni cristiano.
Stiamo andando verso la conclusione di questo anno giubilare della misericordia. Abbiamo fatto il nostro pellegrinaggio e abbiamo attraversato la porta santa? Non intendo un pellegrinaggio e una porta santa materiali: sarebbe facile accontentarsi di questo. Invece il vero pellegrinaggio giubilare deve essere nel nostro cuore, nei nostri rapporti con le persone. Bisogna spalancare la porta santa del nostro cuore, santa perché è il tempio dello Spirito, e passare attraverso questa porta per arrivare al cuore di Dio che accoglie tutti e offre la sua misericordia a tutti. Se non abbiamo fatto questo pellegrinaggio interiore a che cosa ci servirebbe passare per centinaia di porte sante!
Signore donaci la conversione del cuore. Donaci un cuore che palpita per Te e per il prossimo. Facci capire la profondità della tua misericordia perché possiamo essere capaci a nostra volta di essere misericordiosi come te.
P. Sabu