XIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 Prendere la croce e seguire, accogliere il discepolo: possiamo sintetizzare in questi due termini il messaggio del Vangelo di oggi. Per seguire Cristo bisogna prendere la croce e nella missione dell’evangelizzazione l’accoglienza ha un posto fondamentale.

Non si segue una persona che non si ama: questo è vero anche nel nostro cammino dietro a Gesù. Se non lo si ama, andare dietro a lui vorrebbe dire aspettare qualcosa da lui. In questo caso l’intenzione nostra non è pura ma contaminata. Invece se si vuol veramente bene al Signore diventa lui il punto centrale della vita, diventa la priorità. Il cammino che Gesù ci ha fatto vedere con la sua vita è un cammino verso la croce, ovviamente è un passaggio verso la gloria della risurrezione. Ma conoscendo il cammino del Maestro, anche il discepolo non deve cercare di evitare la croce dalla propria vita. Quindi nella scelta del Signore uno deve considerare il marchio della croce. Coloro che vogliono seguire il Signore, ma evitano la croce, non sono degni di lui. Questo diventa un invito anche per noi di considerare come seguiamo il Signore.

Dobbiamo anche considerare il fatto che la croce è il segno di salvezza per coloro che credono in lui. Quindi prendere su di noi la croce quotidiana vuol dire abbracciare questo segno di salvezza nel nostro cammino. In quest’ottica evitare la croce significherebbe evitare la salvezza. Bisogna ricordarci sempre che il cammino del discepolo è dietro il Maestro, seguire le orme tracciate da lui. Quindi anche quando il cammino diventa difficile, il peso della croce sembra superiore alla nostra portata, bisogna essere certi che non siamo soli, non ci abbandona mai.

In questo cammino dietro al Maestro, c’è da considerare il fatto dell’accoglienza. Gesù dice che anche un solo bicchiere d’acqua fresca non perderà la ricompensa. Pensate al caldo e al deserto e un bicchiere di acqua fresca: si potrebbe tranquillamente accorgere che non è una cosa di poco conto. Con la nostra mentalità di oggi forse è un gesto poco significativo, ma per gli ascoltatori di Gesù era qualcosa di fondamentale. Nello stesso tempo è un elemento naturale che non si nega a nessuno. Quindi un gesto semplice, normale ma che ha una sua importanza nel contesto in cui viene svolto il gesto. Così deve essere anche l’accoglienza che si dà ad un discepolo del Signore.

Il fondamento dell’accoglienza del discepolo è ancora l’accoglienza del Maestro: siccome lui ci ha accolti per primi e ci ha lasciato l’esempio del servizio, anche noi siamo chiamati ad accoglierci gli uni gli altri. E’ evidente il riferimento ai primi discepoli che andavano in giro per predicare. Pensate anche ai tanti missionari che sono partiti dalla loro terra d’origine ai paesi lontani per l’evangelizzazione. L’invito di Gesù è per tutte quelle persone che si incontrano con i missionari di ogni tempo. Un’accoglienza fatta a loro non perderà la ricompensa. E noi, a nostra volta siamo chiamati ad accogliere ogni discepolo del Signore.

Quindi ognuno di noi è stato mandato dalla Santissima Trinità al momento del Battesimo per portare agli altri la buona notizia del Vangelo. E nello svolgimento di questa missione ognuno di noi è chiamato a prendere l’esempio dal Maestro e seguirlo sulla via della croce. Questo si realizza accogliendo gli uni gli altri. Il punto di partenza è Dio e il punto di arrivo è ancora lui e in mezzo c’è da prendere la croce e accogliere i fratelli. Questo è il nostro cammino, questo è il cammino di tutta la chiesa e se ce lo dimentichiamo ci disperdiamo.

Chiediamo l’aiuto dello Spirito Santo perché ci illumini e ci aiuti a percorrere serenamente il cammino dietro al Maestro e ci dia la grazia e il coraggio di accogliere tutti durante questo cammino.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

CORPUS DOMINI

pane_vivoMangiare e bere: due bisogni fondamentali di ogni persona umana. Può un uomo resistere senza mangiare e bere? Per qualche giorno sì, ma non più di tanto. Ecco perché si grida al miracolo quando sotto le macerie di un terremoto si trovano delle persone ancora vive dopo qualche giorno dell’evento. Riconosciamo tutti la nostra fragilità di fronte alla fame e alla sete. Oggi Gesù ci dice che bisogna mangiarlo e berlo per avere la vita eterna: scherza oppure ci dice qualcosa di straordinario?

Anche i giudei, di fronte ad un discorso del genere rimangono esterrefatti perché pensavano di diventare dei cannibali per avere la vita eterna: per quanto poteva sembrare bello avere la vita eterna, non sembrava altrettanto carino diventare dei cannibali per averla.
Evidentemente il discorso di Gesù rimane su un piano diverso da quello che erano riusciti ad immaginare i suoi ascoltatori. Quindi, il discorso di Gesù rimane incomprensibile per loro. Molto probabilmente anche noi avremmo avuto delle difficoltà per comprendere le sue parole, ci sembrano chiare solo perché c’è una riflessione teologica dietro alle parole che leggiamo oggi.

Qualcuno dice che l’uomo è ciò che mangia. Se l’uomo mangia la carne rimane carne e se mangiasse Dio? Diventa come Dio e per lo meno prende parte alla divinità. Sarebbe bello se pensassimo a questa realtà. Noi
abbiamo la possibilità di partecipare alla vita stessa di Dio, tutte le volte che ci accostiamo a ricevere la comunione. Infatti, le parole rivolte da Gesù ai giudei sono parole veramente importanti: lui non ci vuole cannibali, ma amici che ricevono la sua persona e che imparano da lui come diventare vita per gli altri.

Chi riceve Gesù è chiamato a vivere come Gesù, cioè, una vita spesa per gli altri, una vita piena di amore che è pronta perfino ad affrontare la morte per amore dell’uomo. San Paolo ce lo dice chiaramente nella seconda lettura di oggi: siamo un corpo solo pur essendo molti e diversi. Il messaggio di questa solennità che stiamo celebrando è proprio questo: partecipando all’unico pane che è Cristo, ciascuno di noi è invitato a prendere parte alla mensa del Signore per essere in comunione col nostro prossimo. Il segno più grande che un cristiano deve produrre nella propria vita è il suo atteggiamento nei confronti del prossimo: da questo il mondo saprà se uno crede sul serio alle parole di Gesù oppure non ci crede.

Per rimanere in vita ed essere in comunione con gli altri abbiamo bisogno di mangiare il pane vivo disceso dal cielo. Il paragone è tra la manna nel deserto e Gesù: la manna ha mantenuto in vita il popolo d’Israele durante il loro viaggio nel deserto, però sono morti. Coloro che riceveranno nella loro vita e nel loro cuore il Cristo non moriranno: affronteranno la morte terrena che per chi crede in lui è il passaggio da questa vita ad una vita che non conosce tramonto. Per non restare affamati ed avere la forza per affrontare questo pellegrinaggio terreno insieme al nostro prossimo dobbiamo prendere il cibo che il Signore ci offre.

L’Eucarestia che celebriamo è il più grande ringraziamento che possiamo rendere al Padre, ma è anche il memoriale della morte di Gesù. In questa solennità dovremo pregare Dio affinché faccia diventare un’eucarestia anche ciascuno di noi: da una parte un grande ringraziamento e dall’altra una prontezza per essere un dono per gli altri, per tutti quelli che vengono a contatto con la nostra vita.
Chiediamo che lo Spirito del Padre ci illumini e ci accompagni in questo nostro cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

II° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Agnello di DioQuesta domenica ci presenta un brano del vangelo di Giovanni, prima di seguire passo dopo passo il vangelo di Matteo che ci accompagnerà nel cammino domenicale di questo anno A. Oggi abbiamo ancora la figura del Battista che compie la sua missione di indicare Gesù presente al mondo.

Giovanni dice: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo. Nella letteratura giovannea la figura dell’Agnello ha un valore molto importante. Sia il Vangelo sia, soprattutto, l’Apocalisse ci parla dell’agnello. Gesù è presentato come l’agnello senza macchia che viene sacrificato per la salvezza di tutti e davanti a lui tutte le genti vengono ad adorarlo. E’ lui che è vittorioso sul peccato e sulla morte e che guida i suoi discepoli alla vittoria.

Due sono le immagini di Agnello che potevano venire alla mente di chi ascoltava Giovanni il Battista: l’immagine del servo di Jahvè di cui parla il libro del profeta Isaia che appare “come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori” (Is 53,7) e l’agnello del sacrificio pasquale. Il primo è esempio di mitezza e umiltà e il secondo è l’immagine della liberazione.

Gli ebrei, nel celebrare la pasqua, ricordavano il sacrificio dell’agnello il cui sangue veniva messo sugli stipiti della porta della loro casa e l’angelo del Signore passava oltre vedendo questo segno di salvezza. Nel tempio di Gerusalemme, tutti i giorni veniva sacrificato un agnello per l’espiazione dei peccati del popolo. Stando alla narrazione di Giovanni, Gesù viene crocifisso proprio nell’ora in cui veniva sacrificato l’agnello pasquale nel tempio. Tutto ci fa pensare che Giovanni voglia mettere in chiaro che Gesù è l’agnello della nuova alleanza che con il suo sacrificio porta la salvezza e tutti quelli che l’accolgono vengono redenti dal suo sangue.

Ecco allora, la nuova dimensione della realtà del discepolo del Signore. Vanno bene i riferimenti dell’Antico Testamento, ma con Gesù tutto si rinnova radicalmente. Mentre il sangue dell’agnello pasquale per gli ebrei era il segno della liberazione dall’Egitto, il sangue di Gesù è segno della redenzione dal peccato e dalla morte. Accogliere questo agnello significa aderire ai suoi insegnamenti ed essere segno di salvezza per gli altri.

Qui diventa importante anche la testimonianza di Giovanni. Dice per ben due volte nella pagina del Vangelo di oggi: Io non lo conoscevo. E da dove arriva la conoscenza di Gesù? Dall’ascolto della voce di Dio. Ecco perché dice: colui che mi ha inviato… mi disse. Quindi anche nella nostra conoscenza di Dio prima di tutto c’è e ci deve essere un ascolto e solo coloro che sono capaci di ascoltare possono conoscere Dio e rendergli testimonianza.

Noi abbiamo ricevuto la missione di testimoniare Dio nel mondo di oggi attraverso il nostro battesimo. Ma come ci comportiamo di fronte alla voce di Dio che ci parla? Siamo attenti e pronti a ricevere questa parola che ci viene donata quotidianamente oppure nelle nostre distrazioni questa parola trova un terreno freddo e sterile? Facciamoci venire qualche inquietudine nel nostro cammino di fede e chiediamoci ogni tanto se stiamo andando avanti solo per abitudine oppure questo Agnello immolato per noi riesce a suscitare gioia ed entusiasmo nel cuore.

Siamo stati salvati a caro prezzo e non a buon prezzo. Se il Signore ci tiene tanto a noi fino a versare il suo sangue per noi, dovremo almeno provare ad essere riconoscenti di questo sacrificio. Chiediamo che il Padre ci illumini con la luce del Suo Spirito e ci sostenga sempre con la sua misericordia.

Buona domenica a tutti!!!

P. Sabu

DOMENICA DELLE PALME

«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

E’ il grido che risuona per le strade di Gerusalemme e quando alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli» Egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

Sembra davvero un trionfo, quello di Gesù: questo ingresso sembra cancellare tutti i dubbi sulla sua persona. Sembra addirittura che perfino i suoi avversari siano convinti che fosse colui che avevano aspettato per secoli.

Sembra, perché come sfondo alle grida trionfanti di oggi c’è quel “Crocifiggilo, Crocifiggilo”, gridato a squarciagola e che porterà alla condanna l’Innocente.

L’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme è l’inizio della Sua passione e la morte in croce. Nella lettura della passione di oggi il nostro sguardo deve rimanere sulla croce che trionfa. Il servo di Dio porta su di sé il peccato del mondo e sulla croce compie tutto ciò che il Padre chiede da lui. Si sottomette e la sua obbedienza diventa causa di salvezza per tutti noi.

Qual’è la nostra reazione davanti alla croce? Siamo portatori di croci come ornamenti e lontani dalla fatica della croce, come ci ricorda don Tonino Bello oppure riusciamo a far pendere la croce anche sulle decisioni della nostra vita? L’esempio di Gesù ci ricorda che siamo chiamati a trionfare anche noi. L’ultima parola non è la croce, ma risurrezione; l’ultima parola non è morte, ma vita, non tenebre, ma luce.

Facciamo trionfare in noi questo segno di salvezza. Pensate, è il primo segno che abbiamo ricevuto quando i nostri genitori ci hanno portato in chiesa per essere battezzati e sarà il segno che ci accompagnerà per tutto il percorso di fede. Quante volte ci siamo segnati anche distrattamente con questo segno! All’inizio di questa settimana santa, decisiva per il nostro cammino di fede, chiediamo che lo Spirito del Padre ci doni la forza per guardare alla croce come fonte di salvezza per tutti noi.

P. Sabu