DOMENICA DELLE RESURREZIONE DEL SIGNORE

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La notte cede il passo alla luce, le bugie cedono il passo alla Verità e il freddo e il buio di una tomba non riescono a contenere l’esplosione della luce e del calore della vita. Mentre tutto sembrava finito e gli avversari avevano ormai cantato la vittoria, ecco l’inaspettato, una tomba vuota. L’avevano messo nella tomba, avevano messo anche le guardie e pensavano di averlo eliminato per sempre, eppure la tomba vuota diventa un grande annuncio. Non più un corpo senza vita da ungere, ma un Risorto da adorare. Non sarà più la morte ad avere l’ultima parola, ma la vita. La luce di Dio brillerà per gli uomini e saranno vivificati per la vita Sua. Ringraziamo il Signore per questo giorno solenne della nostra salvezza.

È il giorno più bello della vita di un credente. Se non si crede alla risurrezione del Signore tutto il cammino di fede sarà senza senso. Non basta annunciare che Cristo è risorto, bisogna vivere come coloro che credono in questa risurrezione. Vivere da risorti è sperimentare la vita del Risorto in noi. La sfida che tutto il mondo lancia a noi è proprio questo: siamo noi capaci di vivere la gioia del Signore risorto nel nostro cammino quotidiano? Forse continuiamo ad avere delle tombe segrete nella nostra vita e non vogliamo che la grazia del Signore entri e porti la sua luce. Proprio queste tombe bisogna scoprirle e cercare di far entrare la grazia e la misericordia del Signore perché possiamo sperimentare la gioia della risurrezione che viene da lui.

Abbiamo vissuto intensi momenti della nostra fede in questi ultimi giorni. Abbiamo contemplato il Cristo nell’ultima cena, nella sua passione, l’abbiamo visto inchiodato sulla croce. Proprio donando la sua vita ha manifestato il suo grande amore per ciascuno di noi. Aveva detto che avrebbe attirato tutti a sé sulla croce ed è quello che abbiamo vissuto il venerdì santo. Oggi contempliamo invece la sua
gloria: una tomba vuota diventa una grande predica. Ci annuncia qualcosa di straordinario e che solo Dio poteva compiere. Non si può incatenare la Vita, non si può incatenare l’Amore, non si può incatenare la Verità: la vita è più grande della morte, l’amore più grande dell’odio, e la verità più grande delle falsità. Se lasciamo trionfare in noi il Risorto, anche noi possiamo avere queste vittorie in noi.

Lasciamoci condurre dalla grazia e dalla luce dello Spirito perché ci aiuti ad essere sempre più credenti nella risurrezione del Cristo e che possiamo manifestare questa gioia attraverso gli atteggiamenti quotidiani della vita. Il Risorto, ogni volta che appare ai suoi, offre loro la pace. E’ un dono che ogni uomo desidera tanto nella propria vita e allora riceviamo dal Signore questo dono e ci impegniamo perché rimanga con noi sempre.

Buona pasqua a tutti!

P. Sabu

DOMENICA DELLE PALME

sull'asinoLa domenica delle palme ci fa celebrare due commemorazioni: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la passione del Signore. Infatti nella prima parte della celebrazione odierna spicca la processione con i rami d’ulivo che ci ricorda l’accoglienza che la gente di Gerusalemme aveva riservato a Gesù in quel giorno. Nella seconda parte però, ci ricorda che sullo sfondo c’erano già le grida “Crocifiggilo” che ricordiamo nella lettura della passione del Signore. Il fedele è invitato a non illudersi di fronte al trionfo che precede il percorso della passione e della morte.

Così si inizia una settimana decisiva per ogni credente perché meditare sulla passione, morte e risurrezione del Signore è riflettere sul modo con cui Dio porta la salvezza all’uomo ed è un invito per accogliere l’esempio del Maestro nella propria vita. Da una parte ci sono gli scribi, i farisei e i capi dei sacerdoti che avevano organizzato tutto per eliminare Gesù. Ma nell’apparente sconfitta, Gesù si dimostra di essere quel chicco di grano che cadendo in terra muore e diventa sorgente di vita per tutti coloro che lo accolgono nel loro percorso di vita.

Il racconto della passione del Signore, anche nella sua drammaticità non è un racconto tragico, ma è un racconto d’amore che ci rivela il progetto di bene che Dio ha per l’uomo. E’ una garanzia che ci ricorda che davanti a Dio non ci sono casi persi,  situazioni tanto disperate da non poter essere risolte. Nella sua umiliazione trionfa il suo amore e diventa energia per noi per affrontare le varie situazioni della nostra vita.

Tra i vari personaggi che incontriamo nel racconto della passione di Gesù possiamo trovarci anche noi: c’è la folla, c’è Pilato, Giuda, Pietro, altri discepoli, i sommi sacerdoti, gli scribi e i farisei, i soldati, il centurione ecc. Ogni personaggio offre uno spunto di riflessione e ci invita ad esaminare il nostro atteggiamento di fronte ad un Dio che si umilia per portarci la salvezza. L’abbassamento di Dio che si fa carne è per l’innalzamento dell’uomo alla dignità del figlio di Dio. Possiamo essere commossi di fronte alla passione del Signore, ma non servirebbe a nulla se non facessimo seguire a questa commozione una conversione del cuore che ci mette al servizio dei nostri fratelli.

Cerchiamo di vivere con grande consapevolezza gli eventi della nostra redenzione in questa settimana santa. Chiediamo che Gesù ci dia la sua forza ed il suo aiuto per affrontare con coraggio le varie situazioni della nostra vita. Mentre viviamo con fede gli eventi salvifici chiediamo che lo Spirito del Padre ci doni la sua luce e ci faccia comprendere sempre meglio il mistero dell’amore di Dio per ciascuno di noi.

Buona settimana santa a tutti!
P. Sabu

V° DOMENICA DI QUARESIMA

resurrection_de_lazarreL’Evangelista Giovanni chiama i miracoli segni e ci invita a riflettere sul profondo significato di questi segni e colui che ne è l’autore. Inevitabilmente la nostra attenzione e riflessione devono cadere sulla persona di Gesù Cristo che deve diventare il punto di riferimento per il nostro cammino. La risurrezione di Lazzaro è l’ultimo di questi segni che Gesù compie prima di affrontare la sua passione e crocifissione.

Forse non bisognerebbe parlare della risurrezione di Lazzaro ma di rianimazione dato che dovrà morire di nuovo. Chi risorge invece vive per sempre e chissà se quel ritornare alla vita sia stato un bene per Lazzaro che è dovuto morire due volte. Evidentemente l’attenzione non è sul fatto della risurrezione di Lazzaro, ma su colui che è risurrezione e vita. Lazzaro casomai diventa appunto un segno che indirizza la nostra attenzione su colui che ci può dare la vita eterna. Il segno comunque è molto bello perché ci fa capire ancora una volta la tenerezza di Dio per gli uomini e la pazienza e delicatezza con cui Dio entra nella storia di ciascuno di noi.

Gesù aspetta prima di andare da Lazzaro e le sue sorelle e dice ai suoi discepoli che l’incontro con Lazzaro sarà per la gloria di Dio. Prende un rimprovero da Marta, ripetuto poi da Maria: Signore se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Quante volte anche nel nostro vivere quotidiano questo grido: fossi stato qui. Perché aspetti Signore, perché non intervieni, perché non dai la soluzione subito? Domande che cercano di dettare i tempi a Dio e che non vogliono tener conto del tempo di Dio. Un grido molto familiare perché fa parte di ciascuno di noi. Un grido che in qualche modo denuncia la nostra incapacità di aver fiducia in Dio.

Ecco allora la domanda di Dio per noi: CREDI? Mette a nudo tutta la nostra fragilità, tutta la fatica nel cammino quotidiano, tutte le soluzioni umane che cerchiamo mettendo da parte Dio. Continua a domandarci se gli crediamo seriamente oppure il nostro avvicinarsi a Dio è solo per un tornaconto. In che cosa o meglio in chi bisogna credere? Bisogna credere in colui che è la Vita.

Marta crede di saperne abbastanza quando dice che il suo fratello risorgerà nell’ultimo giorno. Ma Gesù vuole aprire il suo cuore e farle capire che colui che crede in Lui è già risorto, vive la vita nuova in Dio e non morirà più. Siamo chiamati a questa vita, una vita che è partecipazione alla Vita. Passo dopo passo fa arrivare Marta alla grande professione di fede in Lui.

Ma questa bella notizia deve essere portata agli altri. Quel “il maestro ti chiama” che Marta rivolge alla sorella è la missione di tutti noi. Anche noi siamo chiamati a portare verso Gesù quelli attorno a noi. La gioia dell’incontro col Signore non è da tenere per sé, ma da condividere con gli altri.

Dovremo tener presente un’altra cosa. Sia Marta che Maria incontrano Gesù fuori dalla loro casa. Le sorelle stavano piangendo il loro fratello morto, ma bisogna uscire dalla casa del lutto per incontrarsi con il Signore. Che casa abbiamo noi o meglio, che casa siamo? Siamo una casa di lutto e continuiamo a piangere oppure abbiamo la forza di abbandonare questa casa di lutto ed andare incontro al Signore? Il nostro cuore è una casa di lutto? Dovunque siamo facciamo diventare quell’ambiente una casa di lutto oppure traspare dai nostri atteggiamenti la gioia dell’incontro con Dio che ha cambiato la nostra vita?

Dio, con la sua misericordia, ci fa risorgere dai nostri peccati. Non siamo chiamati a rimanere nelle tombe, ma a venirne fuori. Siamo forse anche noi bendati da tante debolezze e peccati della nostra vita. Niente paura, la bontà di Dio supera tutte le nostre mancanze. Usciamo dalle nostre case di lutto e andiamo incontro al Signore. Chiediamo che il Signore ci illumini sempre con la luce del Suo Spirito.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

IV° DOMENICA DI QUARESIMA

siloe-gerusalemmeLa liturgia della Parola di oggi ci invita a riflettere sulla figura di Cristo come luce del mondo. Questa domenica è la domenica del cieco nato e come lui anche noi siamo invitati a passare dalla nostra cecità spirituale alla vista di Cristo che è la luce vera del mondo.

Un uomo senza speranza, condannato a passare tutta la sua vita chiedendo l’elemosina, agli occhi degli uomini non certo agli occhi di Dio. La presenza di Gesù, infatti, cambia tutto. Passando lo vide e questo vedere è una creazione nuova. L’uomo, nato cieco, non solo acquista la  vista fisica, ma anche, e soprattutto, la vista della fede. La guarigione più bella non è quella esteriore, ma quella interiore. Anche qui, come nella esperienza della Samaritana, c’è un progresso nella fede.

La prima cosa che ci colpisce è la prontezza con cui obbedisce al comando del Signore, va a lavarti alla piscina di Siloe. Essendo nato cieco, non aveva mai visto Gesù in persona, ma il solo comando di Gesù gli basta per andare a lavarsi alla piscina. Che la piscina si chiami Siloe non è solo un dettaglio perché l’evangelista ci ricorda che significa “l’inviato”. Poteva esserci un inviato più grande di Gesù? Andare alla piscina di Siloe non significava andare verso la persona di Cristo e accoglierlo come luce della propria vita?

Infatti, l’esperienza del cieco nato è proprio questo. Ha avuto la guarigione dell’occhio esteriore, ma ha avuto un dono anche maggiore che era il dono della fede. La conclusione della sua esperienza sarà una professione di fede “credo, Signore” e la sua prostrazione, sarà segno di un abbandono totale in colui che è diventato la luce della sua vita.

In tutto questo episodio ci sono i farisei che si accaniscono contro Gesù. Non è un uomo di Dio, perché non osserva il sabato, sarà l’unica ragione per cui si mettono contro Gesù. C’è una chiusura totale del cuore nei confronti di Gesù e l’unica cosa che salta alla loro mente è quello di ammazzarlo perché sono in netta contrapposizione con lui. Non vogliono credere nella potenza di Gesù e si mettono contro di lui. Se questo brano rappresenta un invito ai catecumeni per riconoscere e professare che Gesù è il Cristo, per coloro che hanno ricevuto il battesimo diventa un’occasione per schierarsi da parte di Gesù e diventare i suoi testimoni e non essere come i farisei che non accettano la persona di Cristo.

Un uomo di nome Gesù, un profeta, uno che fa la volontà di Dio, un uomo di Dio: sono tutti termini che ci fanno capire come progredisce il cammino di fede del cieco nato. È la scoperta che questo uomo fa nella sua conoscenza di Gesù. Se ci facciamo caso, è anche la storia di ciascuno di noi. Anche noi facciamo fatica nel nostro cammino di fede e ci sono dei momenti dove c’è il buio totale. Ma la fatica nel credere deve diventare un motivo in più ad aggrapparsi alla grazia del Signore e chiedere che allontani da noi ogni chiusura nei suoi confronti.

Anche di fronte ai farisei, ostinati a non credere nella persona di Cristo, il cieco guarito diventa un testimone: un testimone talmente credibile che lo cacciano fuori. Eppure proprio questo essere cacciato fuori dal tempio, diventa l’occasione buona per una professione di fede piena.

Siamo sicuri che Dio è dove noi lo vogliamo incatenare oppure rompe con tutti i nostri schemi e si manifesta nei luoghi dove meno lo aspettiamo? L’esperienza del cieco nato è l’esperienza di ogni battezzato: c’è una fatica nel credere e difficilmente riusciamo ad arrivare ad una maturità nella fede soltanto con le nostre forze. Ci servirà sempre la grazia del Signore che ci accompagni a questa
maturità. Chiediamo che la luce dello Spirito ci guidi in questo nostro cammino e la misericordia del Padre ci sostenga sempre.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

III° DOMENICA DI QUARESIMA

donna-pozzoQuesta domenica è la domenica della samaritana oppure la possiamo chiamare domenica dell’acqua viva, dipende dai punti di vista. Il racconto fa subito saltare agli occhi questo dialogo che Gesù, vera acqua, ha con la samaritana assetata dell’acqua della grazia del Signore. All’apparenza è Gesù che domanda l’acqua alla samaritana, ma nello sviluppo del racconto si capisce come è la samaritana che ha bisogno del vero amore di Dio.

Dammi da bere”: è una richiesta che Dio continua a fare a ciascuno di noi anche oggi. La risposta che diamo a Gesù ci renderà veri adoratori, quelli, cioè, che adorano Dio in Spirito e Verità. L’incontro di Gesù con la samaritana ha significato per noi nella misura in cui anche noi siamo pronti ad accogliere il Signore cercando di estinguere la sua sete di amore. Bisognerebbe leggere insieme questo dammi da bere con quel “ho sete” che Gesù pronuncia  dalla croce.

Gesù domanda l’acqua alla samaritana, ma non per ricevere piuttosto per dare. Infatti dirà alla samaritana che lei stessa avrebbe chiesta dell’acqua a lui se l’avesse riconosciuta. Quindi per domandargli l’acqua di vita eterna, prima di tutto bisogna conoscerlo e tutto il cammino della quaresima è un impegno nostro nel conoscere sempre meglio colui che ci porta la salvezza, donando la sua vita per ciascuno di noi. Una volta che lo conosciamo, possiamo anche noi rivolgerci a lui, come la samaritana, dicendogli di darci quell’acqua che ci disseterà per sempre.

L’incontro della samaritana con Gesù è un cammino di formazione della fede. Parte dalla semplice conoscenza di Gesù come un rabbì giudeo. Ad un certo punto, quando Gesù le parla della sua vita matrimoniale riconosce in lui un profeta e nel mentre camminava verso i suoi concittadini riflette su questo incontro e quando arriva dai suoi conterranei si pone il dubbio: Ma sarà lui il Messia? Anche il nostro cammino di fede è frutto di scoperte che noi facciamo di Dio. Più si va avanti più ci accorgiamo che lo conosciamo sempre meno e che abbiamo ancora bisogno di fare tanta strada. Abbiamo bisogno di lasciare, come la samaritana, l’anfora della nostra realtà ai piedi di Gesù e chiedergli che rinnovi il nostro cuore.

La bellezza di questo incontro è proprio la conclusione. Non solo la samaritana si incontra con Gesù, ma rafforzata da questo incontro, lo presenta anche ai suoi concittadini. Se dovesse essere solo un’esperienza personale il nostro incontro con Dio sarebbe poco significante. Acquista valore quando riusciamo a testimoniare di fronte agli altri questo incontro. Comunque la testimonianza degli
altri non basta, ogni individuo è chiamato ad una relazione personale con Dio. Pensate alle parole dei concittadini della samaritana: Non più per le tue parole noi crediamo, ma perché abbiamo udito e visto che lui è il salvatore del mondo. Questo è il cammino di fede. Possiamo avere testimonianze eccezionali su Dio, ma se non diventa un’esperienza personale dove davvero l’amore di Dio entra in noi e ci spinge verso gli altri, rimane qualcosa di astratto e non contagia la nostra vita di ogni giorno.

L’esperienza della donna samaritana diventi un esempio anche per ciascuno di noi, diventi un invito per riscoprire Dio quotidianamente nella nostra vita e che ci insegni ad essere fedeli alla testimonianza che siamo chiamati a rendere a Dio di fronte agli altri. Preghiamo perché lo Spirito che ci invita ad adorare Dio nel nostro cuore, ci illumini e ci custodisca sempre nella grazia di Dio.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

II° DOMENICA DI QUARESIMA

trasfigurareQuesta domenica è la domenica della trasfigurazione del Signore che ci ricorda la realtà alla quale ciascuno di noi è chiamato: la gloria della risurrezione. Ci invita, inoltre, a riflettere sul fatto che questa gloria è l’ultima parola e non la passione o la morte. Quindi siamo chiamati ad avere lo sguardo verso colui che oggi si manifesta ai suoi discepoli nella sua gloria e chiedergli di donarci la grazia di ricordarci che anche noi avremo il nostro momento di gloria se saremo capaci di perseverare con lui nella sofferenza della nostra vita.

La grande catechesi che Gesù offre ai suoi discepoli con la sua vita ha tre punti fondamentali: il battesimo, la trasfigurazione e la crocifissione. Al momento del suo battesimo i cieli furono aperti e il Padre aveva detto: questo è il mio figlio prediletto in cui ho posto il mio compiacimento. Era un momento solenne dell’investitura del figlio dove veniva manifestato al mondo la sua missione. Ora, al momento della trasfigurazione viene aggiunto l’imperativo: ascoltatelo. Sul Calvario, al momento della crocifissione, il Figlio dirà:tutto è compiuto e sarà il momento in cui, nell’apparente sconfitta, trionferà e attirerà tutti a sé.

Il discepolo è chiamato a seguire il Maestro nella propria vita e nel nostro caso non è semplicemente un invito a seguire una filosofia o una ideologia, ma seguire una persona e questa persona è la persona di Gesù Cristo. Il cammino quaresimale acquista significato quando noi entriamo in quest’ottica del cammino. Dopo averlo seguito nel deserto delle tentazioni la domenica scorsa, oggi siamo invitati a salire con lui sul monte della trasfigurazione ed ascoltarlo in ciò che ci dice.

Il monte, per la cultura biblica, è un luogo privilegiato dell’incontro con Dio. I due personaggi, Mosè ed Elia, avevano avuto a che fare con i monti nella loro missione. Pensate al monte Sinai per Mosè e il monte Carmelo per Elia. Dio si è manifestato in modi meravigliosi a loro sul monte e ora sono chiamati a rendere testimonianza, sempre sul monte, a colui che è venuto a portare a compimento la legge e i profeti di cui loro sono i rappresentanti.

E al centro dell’evento della trasfigurazione c’è l’amore di Gesù per i suoi discepoli, la sua tenerezza e la sua considerazione per loro. Infatti questa manifestazione non è per Gesù un’occasione per farsi vedere grande, ma per confermare che i discepoli non devono scandalizzarsi di fronte alla croce. Loro che si scandalizzano di fronte alla predicazione della passione e della crocifissione, devono ricordarsi dell’evento della trasfigurazione per non rifiutare il Maestro. E nonostante le difficoltà, con l’aiuto dello Spirito, daranno testimonianza alla loro fede nel Maestro.

Di fronte alla gloria di Gesù, i discepoli rimangono impauriti. Ma Gesù stesso li tocca dicendo: non temere. La manifestazione di Dio suscita sempre timore nell’uomo, ma Dio non vuole che l’uomo rimanga nella paura: offre sempre il suo aiuto e lo guarisce con il suo tocco e lo rende sicuro nel suo cammino. Pensate alle tante occasioni in cui Gesù guarisce i malati toccandoli. Anche qui in qualche modo avviene una guarigione ed una conversione per i discepoli. E servirà ai discepoli per essere forti nel momento della prova.

Anche noi siamo chiamati a vivere questa trasfigurazione nella nostra vita. Siamo chiamati a salire sul monte. Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, Gesù si manifesta a noi nella sua gloria e ci invita ad
accoglierlo per essere forti nei momenti di prova. Bisogna cercare di vivere con più consapevolezza questo sacramento e chiedere che il Signore ci rafforzi nel nostro cammino di vita. Dio ci è vicino sempre, siamo noi che qualche volta ci allontaniamo da lui con il nostro modo di comportarci. Bisogna far crescere in noi il desiderio di averlo come punto di riferimento sicuro e fisso.

Possiamo sperimentare anche noi la paura di discepoli, ma il Maestro ci tocca con il suo amore, ci rincuora e ci dice di non temere, ci invita ad avere fiducia in lui. Rinnoviamo i nostri impegni quaresimali e chiediamo che lui, con l’aiuto del suo Spirito ci accompagni e ci rinnovi continuamente.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

I° DOMENICA DI QUARESIMA

Tre-tentazioni-tre-risposteLa prima domenica di quaresima è chiamata la domenica delle tentazioni di Gesù perché il brano evangelico di oggi ci invita a riflettere su questo episodio della vita di Gesù e ci invita a riflettere su come affrontiamo le tentazioni della nostra vita.

“Vieni dietro a me” dice il tentatore e Gesù risponde “Vattene, satana”. Le tentazioni che Gesù affronta sono tentazioni che ogni discepolo affronta quotidianamente nella sua vita e che fanno parte del suo cammino di fede. Il tentatore dice di abbandonare la strada del Padre e del suo progetto di salvezza per l’uomo, ma Gesù vuole essere solidale con i fratelli e rimane con loro. Mentre il diavolo, che è colui che divide, tenta di distinguersi dagli altri, Gesù, superando le tentazioni, diventa segno della comunione e solidarietà con i fratelli.

Gesù aveva ricevuto un’investitura da parte del Padre e dello Spirito al momento del battesimo dove il Padre aveva parlato del suo figlio prediletto e di ascoltarlo per essere salvati. Il tentatore vuole mettere in dubbio questa investitura. Possibile che il figlio prediletto debba soffrire la fame? Dopo quaranta giorni e quaranta notti mette ebbe fame,  dice la scrittura. Il Padre ha mentito, non sei il suo figlio prediletto, è inutile che tu ci creda. La tentazione è veramente forte e mette in dubbio la stessa missione del messia.

L’uomo ha le sue relazioni con le cose, con le persone e con Dio e in queste relazioni vive il suo rapporto con la vita animale, la vita umana e la vita spirituale. Nel suo rapporto con Dio pensa di possederlo con le sue pratiche di pietà per essere autosufficiente. È la tentazione che hanno avuto anche Adamo ed Eva: sarete come Dio. Il tentatore vuole portare Gesù lontano dalla via del Padre. Il rapporto di Gesù con il Padre non è per il bene egoistico suo, bensì per il bene di tutta l’umanità. Se invoca l’intervento del Padre, lo fa per il bene degli altri e non per saziare le sue necessità. Avere Dio da parte sua non è per un vantaggio, ma per un dono totale di sé.

Il tempo di quaresima ci viene incontro e ci dice che al centro di qualsiasi cammino spirituale c’è Dio e non l’uomo. Sembra quasi che siamo noi a fare degli sforzi incredibili per migliorare la nostra vita, ma è Dio che, nella sua misericordia si dona a noi e ci rende capaci ad avvicinarci a lui. Un cammino spirituale incentrato sulle sole forze umane sarebbe un cammino fallimentare mentre un cammino basato sulla fiducia in Dio diventerà un cammino fattibile.

Le tentazioni che Gesù affronta sono per tutta la sua vita, “se sei figlio di Dio” tornerà anche quando sarà sulla croce e anche allora Gesù non si lascerà condizionare e porterà a termine la missione affidatagli dal Padre. Se il Maestro è stato tentato, anche il discepolo deve aspettare la stessa sorte. Ma Gesù ci dice che si può e si deve vincere il tentatore. L’arma micidiale che il Maestro ci mostra oggi è la Scrittura. Infatti, in tutte le tentazioni Gesù sconfigge il diavolo con la parola delle scritture e ci mostra la via più sicura per resistere alle tentazioni quotidiane della nostra vita.

Il tempo di quaresima deve essere un tempo di gioia perché ci offre l’occasione buona per essere riconciliati con Dio e il prossimo. Ci aiuta ad essere più vicini al Signore e ritornare a lui con tutto il cuore lasciando da parte la mediocrità della nostra vita come ci dice Papa Francesco nel messaggio per questa quaresima.

Chiediamo che il Signore ci accompagni in questo periodo forte della quaresima e ci faccia arrivare pronti per celebrare la gioia della Pasqua del Signore.

Buon cammino quaresimale a tutti!
P. Sabu

VIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

gigli del campo

Questa domenica è chiamata “domenica del Padre provvido” perché ci parla della cura che Dio ha nei confronti di ciascuno di noi e ci invita ad aver fiducia in questo Padre. L’immagine con cui si apre la Parola di Dio di oggi è un’immagine tenerissima: una madre che stringe a sé il suo bambino. E Dio chiede attraverso il profeta: “Può una donna dimenticare il suo bambino?… io invece non ti dimenticherò mai”. Sentiamoci tra le braccia di Dio e ringraziamolo per la sua tenerezza per noi e guardiamo a ciò che ci dice con la sua Parola.

Chi serviamo nella nostra vita, Dio o tutto ciò che non è Dio? E’ una domanda fondamentale perché ci fa capire da che parte siamo. Magari ci professiamo cristiani, abbiamo anche degli atteggiamenti, sia nei confronti di Dio che nei confronti del prossimo, che giudichiamo abbastanza cristiani, facciamo il nostro meglio nella vita di ogni giorno. Ma sostanzialmente continuiamo ad aver fiducia nelle cose materiali oppure c’è Dio al primo posto nella nostra vita? Possiamo vedere che in tutti i progetti che facciamo nella nostra vita molte volte Dio è messo da parte e nonostante il nostro desiderio e la nostra buona volontà Dio sembra non aver posto o comunque non nella maniera che ci dice Gesù oggi.

Odierà .. Amerà, Si affezionerà .. disprezzerà: questo è ciò che Gesù ci mette davanti. Non ci sono vie di mezzo. Non possiamo essere cristiani per un po’ di tempo e poi fare ciò che ci pare e piace oppure stare con Dio in alcuni momenti della nostra vita e negli altri essergli lontano. Gesù ci mette davanti ad una scelta di vita. Sta a noi confermare i nostri atteggiamenti da cristiani ed accogliere la cura del Padre nel nostro cammino.

Gli esempi che Gesù prende dalla vita quotidiana sono bellissimi: gli uccelli del cielo e i gigli del campo. Dice ai suoi discepoli che è il Padre Celeste che si prende cura di loro perché si affidano a lui. Non è che siano liberi da qualsiasi pericolo e che non affrontino difficoltà per trovare il cibo o rifugio, ma nella Sua provvidenza, il Padre celeste li custodisce. Mette a confronto il giglio del campo con il re Salomone e dice che il giglio, vestito da Dio, ha più splendore di Salomone che aveva tutta la gloria terrena nella sua vita.

Bisogna prendersi un bel respiro profondo e lasciarci stupire dalla bellezza di questa parola. Avere fiducia nella provvidenza del Padre non vuol dire essere fannulloni aspettando che piovi dal cielo tutto ciò che ci occorre. Vuol dire piuttosto fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità perché il grande dono della vita che ci ha donato sia vissuto in modo pieno, ma senza per questo crederci padreterni e comportarci come se fossimo noi padroni della nostra vita.

L’invito della Parola è di essere coscienti della nostra dignità: Non valete più degli uccelli del cielo .. non farà molto di più per voi che per i gigli del campo? Veramente valiamo molto di più, ma non ne siamo consapevoli e sono l’affanno e le preoccupazioni che dominano la nostra vita. Che cosa è che ci manca? Ancora è Gesù che parla: gente di poca fede ci chiama oggi. Ci offendiamo? Meglio, vuol dire che in qualche modo la Parola riesce a creare qualche sussulto in noi. Sarebbe peggio se non suscitasse nulla nel nostro cuore.

Rinnoviamo ancora una volta la nostra fede e fiducia in Dio Padre. Chiediamo che nonostante le nostre difficoltà, il Signore ci accompagni con la sua grazia e nella nostra incredulità non ci abbandoni, ma ci offra il suo perdono e ci renda capaci di riprendere il cammino.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

VII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

amare_i_propri_nemiciIn tutto il discorso della montagna l’invito che Gesù rivolge ai suoi ascoltatori è quello di superare la giustizia degli scribi e dei farisei per entrare a far parte del regno dei cieli. Il pieno adempimento che Gesù è venuto a portare è  l’amore che il discepolo dovrà mettere in tutto ciò che fa nel suo cammino, nella sua relazione con Dio e con il prossimo.

La legge del taglione, “occhio per occhio e dente per dente” nonostante la sua apparente crudeltà, era una legge restrittiva creata perché chi ha subito un torto non ecceda nella sua vendetta personale. C’erano delle situazioni in cui la vendetta si estendeva perfino ai familiari e alla tribù stessa. La legge fu fatta proprio perché ciò non accadesse. Quindi in qualche modo tentava di rompere il cerchio della violenza. Gesù dice che non bisogna vendicarsi e non bisogna neanche opporsi in resistenza al malvagio. La novità è ancora una volta l’esempio di Gesù che accetta il sacrificio sulla croce nonostante fosse innocente.

L’invito ad amare i nemici e pregare per loro è qualcosa che continua a far violenza con il nostro modo di agire quotidiano. Già si fa fatica ad amare i nostri amici come si deve, perché anche nel nostro amore verso gli altri in qualche modo si nasconde un desiderio di tornaconto. Abbiamo delle aspettative nel nostro amore verso gli altri ed è difficile toglierci di dosso questi sentimenti. Gesù invece non ci vuole semplicemente mediocri: la sfida che lancia è quello di superare il modo di agire dei pubblicani e dei pagani. Se amate solo quelli che vi amano … se date il saluto soltanto ai vostri fratelli: sono parole che stuzzicano il nostro essere cristiani nel mondo di oggi e sappiamo che siamo sollecitati ad accettare questo invito nel nostro cammino.

Ma lo sfondo di tutto il discorso è il riferimento al Padre celeste. Infatti se pensiamo la parola di Dio di oggi come un’immagine con una cornice, l’invito ad essere come il Padre è ciò che inizia il discorso nella prima lettura ed è l’invito con cui si conclude il Vangelo. E dentro questa cornice si racchiude tutta la Parola di Dio di oggi. Tutte le altre esortazioni hanno lo scopo di farci riflettere sulla figura del Padre. Sappiamo che non arriveremo mai ad essere come il Padre eppure è la meta alla quale Gesù si spinge. Questo ci fa capire che nonostante le difficoltà che incontriamo sulla strada della fede bisogna guardare al Padre come la meta della nostra vita e non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalla sua grandezza.

Il movimento del nostro cammino parte dall’essere come i pubblicani e i pagani per andare verso l’essere come il Padre celeste. Mentre nel comportamento dei pubblicani e dei pagani si sottolinea il semplice amore tra i pari, nel comportamento del Padre si sottolinea il suo amore e la sua misericordia che vanno oltre la considerazione degli uomini come giusti ed ingiusti e buoni e cattivi. Due modelli di vita, se vogliamo, che Gesù ci mette davanti esortandoci ad essere come il Padre.

Sappiamo le difficoltà che affrontiamo nel nostro cammino di fede, sappiamo che l’invito di Gesù è bello, ma riconosciamo anche le nostre fragilità, le nostre paure. Gesù non ci vuole spaventare, ma incoraggiare ad avere uno sguardo superiore per la nostra vita. E’ bello accogliere questo invito e nonostante le nostre titubanze ci affidiamo alla sua grazia, alla sua misericordia e al suo amore perché possiamo andare avanti sereni nel cammino della nostra vita.

Che lo Spirito del Padre ci assista e ci accompagni nel nostro cammino di santità.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

VI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù-in-Sinagoga-ZeffirelliAvete inteso che fu detto agli antichi …. ma io vi dico: un ritornello che abbiamo sentito tante volte durante la lettura del Vangelo di oggi. La predicazione di Gesù poteva far venire più di qualche dubbio
a qualcuno, a scanso di equivoci Gesù dice: Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

Il discepolo di Gesù, il cristiano, è principalmente colui che segue il Maestro, non colui che adempie la legge. Potrebbe trarre in inganno questa affermazione e qualcuno potrebbe interpretarla come un invito all’anarchia. Gesù era consapevole di questo rischio ed ecco perché oggi ci dice che è venuto a portare a compimento tutte le leggi e i profeti e non ad abolirli.

Se per gli antichi, per il popolo d’Israele, era importante osservare perfettamente la legge, per il cristiano l’importante è accogliere la persona di Gesù Cristo. Il confronto che il discepolo ha da fare è con
il suo Maestro che è la manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini piuttosto che con un insieme di leggi. Quindi chi ama Gesù e lo accoglie come proprio Maestro, non si affida a delle leggi senz’anima, ma si affida all’esempio del Maestro da seguire nella propria vita.

Gli scribi insegnavano la Legge mosaica, i farisei erano osservanti zelanti di questa legge, ma più di una volta vengono chiamati ipocriti da Gesù. Ai suoi discepoli, l’abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo di oggi, dice che la loro giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei proprio per il fatto che non bisogna fermarsi alla lettera della legge, ma bisogna capirne lo spirito.

Il compimento che Gesù porta è proprio quello dell’amore, senza l’amore l’osservanza delle leggi diventa una schiavitù e Gesù non ci vuole schiavi, ma liberi e soprattutto figli del Padre. Solo un figlio che ama il Padre può obbedirgli per amore e diventare testimone dell’amore del Padre. Non basta non uccidere, non commettere adulterio o non giurare: bisogna andare molto oltre. Bisogna cercare di trovare nei fratelli il volto di colui che si è fatto tutto per tutti. Se pensiamo semplicemente alla nostra vita quotidiana, quante volte ci accorgiamo che si uccide non solo con le armi, ma soprattutto con le parole e con gli atteggiamenti. E’ in queste situazioni concrete e quotidiane della vita che Gesù vuole che superiamo gli scribi e i farisei e diventiamo figli.

A quale giustizia teniamo noi? Una giustizia che si accontenta dell’osservanza delle leggi e nulla più oppure la nostra misura è la persona di Cristo? Pensate anche alle nostre confessioni: non ho ucciso nessuno, non ho rubato, non ho commesso adulterio: ma basta questo per essere discepoli del Signore oppure dobbiamo avere uno sguardo un po’ più attento al nostro cammino di fede? Se il comandamento di non uccidere viene portato a compimento da Gesù che ci dice di non chiamare né pazzo, né stupido il nostro fratello perché è figlio del Padre come noi, è un invito ad alzare lo sguardo.

Infatti a conclusione del discorso della montagna la meta che Gesù metterà davanti alla folla sarà proprio l’invito ad essere perfetti come il padre celeste. Meta inarrivabile, ma che stuzzica il nostro desiderio di diventare come il Maestro. Rimbocchiamoci le maniche e chiediamo che ci assista la grazia del Padre perché possiamo essere veri figli suoi e fratelli del Cristo.

Affidiamoci allo Spirito Santo perché illumini sempre la nostra strada!

Buona domenica a tutti
P. Sabu