XV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Il buon samaritano (1838), di Pelegrin Clavé Y RoqueBella domanda: Chi è il mio prossimo, stupenda risposta: Va e anche tu fa così e in mezzo un racconto straordinario come solo il cuore di Dio poteva raccontare. Questo è il dono della Parola di Dio oggi per ciascuno di noi.

La parabola del buon samaritano è uno dei racconti più belli che abbiamo nel Vangelo di Luca attraverso la quale l’evangelista ci testimonia la grande misericordia di Dio per gli uomini. Il racconto è molto semplice e ci fa tenerezza questo uomo caduto nelle mani dei briganti. Ma nella sua semplicità la parabola ci dice che non sempre le cose vanno secondo i nostri pensieri.

Quando vediamo avvicinarsi a quell’uomo il sacerdote ci viene spontaneo pensare: “meno male, adesso lo aiuta”, ma non succede. Lo stesso sentimento lo proviamo anche quando arriva il levita, ma ancora una volta prevalgono altre considerazioni. Quando arriva il samaritano uno potrebbe pensare: “ma figurati, questo è un nemico dichiarato degli israeliti, nessuna pietà quindi”, e ci prende lo sgomento pensando a quel pover’uomo che non può aspettare altro che la sua morte a questo punto. Coloro che avrebbero dovuto aiutarlo non l’hanno fatto e perché dovrebbe farlo colui che è suo nemico?

Così vanno i nostri pensieri, ma evidentemente non è il pensiero di Dio e meno male. La bellezza della parabola sta proprio in questa imprevedibilità della compassione di Dio. Sa guidare il cuore degli uomini in una maniera stupenda, basta che ci lasciamo guidare da Lui. Il samaritano è diventato uno strumento della misericordia di Dio per quell’uomo aggredito dai briganti. Non solo lo soccorre, lo porta in albergo, paga l’albergatore e gli dà anche due denari che sono l’equivalente della paga di due giorni. C’è anche la promessa che sarebbe ritornato per pagare eventuali ulteriori spese. Più di così non poteva fare.

Ecco la misericordia e la tenerezza di Dio. Non perché meritiamo, ma perché Lui ci vuole bene e nel suo amore per noi si spinge fino al Calvario per donarci la vita. Il buon Samaritano è Gesù stesso che è pronto a dare la Sua vita non solo per alcuni, ma per tutti quelli lo vogliono prendere come esempio. Infatti la raccomandazione per il dottore della legge è “Va e anche tu fa così“.

Nel mondo in cui viviamo oggi questa parabola ha un significato importante. Non basta avere un’idea di Dio nella nostra vita, bisogna che questa si traduca nei gesti concreti della vita quotidiana. Non basta sapere le norme e osservarle perfettamente per essere salvati; saremmo come il sacerdote e il levita della parabola. Anche loro sapevano bene tutte le leggi, ma di fronte a quell’uomo mezzo morto la conoscenza della legge è servito a poco. Il samaritano diventa esempio di vita perché è prevalso in lui il sentimento giusto nel momento giusto e la sua conoscenza della legge non gli ha impedito di essere compassionevole. La nostra fede ci deve aiutare ad essere sempre di più testimoni dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini: altrimenti a che cosa servirebbe!

Prendiamo a cuore le parole di Gesù e ci impegniamo a fare come lui ha fatto. Non giriamo attorno domandandoci chi è il nostro prossimo, ma facciamoci prossimo di coloro che si trovano nel bisogno. Il mondo ha bisogno di persone del genere. Chiediamo che il Padre ci aiuti ad essere misericordiosi come Lui.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I grandi maestri dlibertài spirito hanno avuto sempre dei discepoli che li seguivano assiduamente ed è un’esperienza presente un po’ in tutte le religioni. Anche nella prima lettura abbiamo un episodio di questo genere; Elia che sceglie Eliseo. I cristiani sono discepoli dell’unico Maestro che è Cristo e oggi la Parola di Dio ci invita a riflettere sulla qualità del nostro essere discepoli.

Il brano del Vangelo ci presenta dei personaggi che potrebbero assomigliare  a ciascuno di noi. Tutti sono potenziali discepoli. Il primo dice “Ti seguirò ovunque tu vada” e Gesù: “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Non sappiamo se si sarà scoraggiato quel tale oppure nonostante tutto abbia seguito Gesù.

Al secondo, è Gesù stesso che fa l’invito: “Seguimi”, e lui risponde chiedendo il permesso di andare a seppellire suo padre. Ma l’invito di Dio non può attendere, deve avere la precedenza e la priorità assoluta. “Lascia che i morti seppelliscano i morti” è la risposta.  Anche in questo caso non sappiamo se quel tale è andato dietro a Gesù.

Il terzo si propone dichiarando la volontà di seguire Gesù, ma anche qui c’è qualcosa che lo tira indietro: “lascia che io mi congedi da quelli di casa”. La risposta è prontissima, non si può mettere mano all’aratro e guardare indietro se vuoi far parte del Regno. Dove sarà andato il terzo non si sa, ma avrà almeno capito che il Regno non è la seconda scelta, ma decisamente la prima?

Ci inseriamo anche noi in questo quadro e ci domandiamo com’è la nostra decisione di seguire Gesù. Dio viene seguito solo quando ci conviene, quando ci fa comodo, quando non abbiamo null’altro da fare, quando c’è da chiedergli qualche favore oppure diventa una scelta di vita? Immaginate lo sfondo delle parole di Gesù: prese la ferma decisione di andare verso Gerusalemme. Non ci andava per una festa, ma per lasciarsi inchiodare sulla croce e i suoi discepoli lo sapevano e forse erano anche un po’ terrorizzati dall’idea. In questo cammino Gesù cerca i discepoli perché con la loro vita possano portare avanti il progetto di salvezza per gli uomini.

Ricordiamoci che la Sua è sempre una proposta e oggi San Paolo ce lo dice chiaramente:
, libertà dei figli di Dio riscattati dalla schiavitù del peccato. E in questa libertà diventa determinante la nostra scelta di seguire Cristo. Ciò che deve entrare nel nostro cuore è che stiamo seguendo non una dottrina, ma una persona, la persona di Gesù Cristo. Solo in quest’ottica abbiamo chiaro il nostro cammino. Soltanto quando si vuole veramente bene ad una persona, si è pronti a tutto perché quella persona viene prima di tutto.

Forse Dio non è ancora diventato tutto per la nostra vita e ne risente tutto il nostro cammino di fede. Ma anche qui Dio non ci abbandona. La sua misericordia ci sostiene e ci aiuta a riprendere il cammino. Bisogna davvero ringraziare il Signore per questo Suo amore per noi.

Non scoraggiamoci di fronte alle difficoltà sul cammino cristiano della vita. Chiediamo che lo Spirito del Padre ci aiuti e ci renda capaci di essere sempre più i suoi veri discepoli. Discepoli capaci di essere testimoni della misericordia perché riconoscenti della misericordia di Dio ricevuta.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

ASCENSIONE DEL SIGNORE

ascensione (Giotto)Celebriamo oggi la festa dell’ascensione del Signore e l’evangelista Luca ne parla sia nel suo Vangelo che negli Atti degli Apostoli. Nel Vangelo è presentata come la conclusione gloriosa della vita di Gesù, ma negli Atti è raccontata come punto di partenza dell’espansione missionaria della Chiesa. Anche noi, oggi, siamo chiamati a guardare a questo episodio della vita di Gesù come un invito ad essere testimoni gioiosi della missione affidata agli apostoli.

Gesù porta gi apostoli sul monte e apre la loro mente per comprendere le Scritture. E’ l’esperienza dei discepoli che erano andati a Emmaus. Quel compagno di viaggio spiegava loro le scritture e una volta riconosciuto il Signore si chiedono: “Non ci ardeva il cuore nel petto mentre ci spiegava le scritture?”. E diventano testimoni di questa gioia una volta tornati dagli altri discepoli.

C’è un bel brano di Isaia che dice: «Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà ad uno che sappia leggere, dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “non posso, perché è sigillato”. Oppure si dà il libro ad uno che non sa leggere, dicendogli: “Leggilo”, ma quegli risponde: “Non so leggere”» (Is 29,11-12). Cambiano le prospettive, ma il libro rimane non letto. Se non chiediamo che il Signore apra il nostro cuore e la nostra mente rimarremo sempre confusi di fronte alla sua Parola. E comprendere la Scrittura è il primo passo verso l’accoglienza del Signore.

Una volta aperta la mente dei suoi discepoli, il Signore affida loro il messaggio da portare agli altri e l’essenza della loro predicazione è la conversione e il perdono dei peccati. La presenza del Signore non è per la condanna degli uomini, ma per la loro conversione e per il perdono. Forse abbiamo ancora una visione negativa di Dio e lo vediamo come colui che giudica piuttosto che come il Padre misericordioso che corre incontro al figlio che torna.

Prima di andar via dai suoi, il Signore li benedice e anche questo gesto non è di poco conto. Nel suo sacrificio sulla croce Gesù innalza al Padre la preghiera più bella per tutta l’umanità. Le sue mani alzate diventano mani stese sui discepoli in questo momento e questo gesto continua anche oggi per ciascuno di noi. E’ bello immaginare queste mani di Gesù stese su di noi sempre, anche quando non ne siamo coscienti. E in questo modo diventa reale anche la sua promessa, “sarò con voi sino alla fine del mondo”.

Di fronte a un Dio che ci vuole così bene il gesto da compiere è quello di prostrare ed adorarlo come i discepoli. Ringraziarlo perché continuamente alza le mani verso il Padre e le stende su di noi per benedirci. I discepoli che scendono dal monte rimangono nel tempio lodando Dio pieni di gioia: una liturgia solenne, possiamo dire. Così si conclude il racconto dell’Ascensione, ma per noi non è una conclusione, piuttosto un inizio. Inizio di una vita di testimonianza che rende visibile la benedizione di Dio per l’umanità non attraverso le parole, ma con i gesti semplici della vita quotidiana. Chiediamo che ci dia la forza per questa testimonianza quotidiana.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

GIOVEDÌ SANTO

lavanda_piedi_miniAnniversari particolari ed importanti: dell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale. Sono due grandi doni che il Signore fa alla sua Chiesa e che oggi siamo chiamati a celebrare. Ringraziamo il Signore per questi doni che sono segni del suo amore per tutta l’umanità.

Il sacramento dell’Eucarestia è il segno più grande dell’amore di Gesù per noi. L’Eucaristia ci dice che l’amore di Dio non si stanca mai di noi: non si è accontentato della sua incarnazione, della sua passione e morte in croce, neanche della sua risurrezione. Vuole stare sempre insieme con l’uomo e si spinge oltre l’impensabile: si dona per l’uomo sotto forma di una cosa semplicissima, ma fondamentale per la vita dell’uomo, il pane. Penso che non finiremo mai di ringraziare abbastanza il Signore per questo dono, ricordiamocelo ogni volta che ci accostiamo a ricevere Gesù nell’Eucarestia e chiediamogli di darci tutto l’amore possibile nei confronti di questo sacramento. Questo Pane ci sosterrà nel cammino di vita e ci renderà forti per essere testimoni del Suo amore.

Per essere strumenti di questo segno del Suo amore, Gesù sceglie tra gli uomini persone che possano dedicarsi al servizio del suo popolo. Non sarebbero mai capaci di portare avanti questo compito se non fossero assistiti dalla grazia del Signore e dalla Sua misericordia. San Paolo ricorda che questo grande dono ci è stato donato come tesori in vasi di argilla. Solo chi si mette al servizio di Gesù con umiltà e dedizione potrà essere fedele a questa chiamata.

Non passerà inosservato oggi il gesto della lavanda dei piedi che diventa il gesto principale di Gesù nell’ultima cena secondo l’evangelista Giovanni. E’ la dimostrazione che il nostro Dio non è colui che si fa servire, ma che serve e dona la vita per l’umanità. Non solo da l’esempio, invita anche i suoi discepoli a fare altrettanto. Uno che si dichiara cristiano e manca di questa carità e spirito di servizio nei confronti del proprio fratello, sarà sempre un cristiano a metà. Nei tempi in cui viviamo il gesto della lavanda dei piedi diventa fondamentale perché i cambiamenti storici che viviamo chiedono da ciascuno di noi il coraggio di chinarsi ai piedi del fratello e servirlo.

Che questo giorno diventi un dono prezioso del Signore per noi e ci renda capaci di imparare da Lui.

P. Sabu