II° DOMENICA DI PASQUA

san_tommaso_mio_signore_mio_dioQuesta domenica viene chiamata domenica della divina misericordia per volere del Papa San Giovanni Paolo II e la Parola di Dio ci parla proprio della misericordia che Gesù ha avuto nei confronti del suo discepolo Tommaso.

Non era con gli altri discepoli Tommaso, quando Gesù era apparso a loro. Può avere una connotazione negativa nel senso che la presenza del Signore si ha in comunione con gli altri discepoli e non lontani dalla comunità. Ma in senso positivo possiamo cercare di vedere in quel gesto anche la volontà e il coraggio di uscire dalla casa dove si erano rinchiusi per paura dei giudei. Troppo in fretta giudichiamo questo discepolo “incredulo” sottolineando solo la prima parte dell’evento e non cercando di capire bene la seconda parte dove c’è una grande acclamazione della fede: mio Signore e mio Dio.

Il Vangelo di Giovanni ci presenta san Tommaso sotto diverse angolature. Prima della risurrezione di Lazzaro viene presentato come colui che dice: “Andiamo a morire anche noi con lui”, un discepolo molto spavaldo. Dopo, quando Gesù ha detto che va a preparare il posto per loro chiede: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?” Sembra un po’ ingenuo e di non aver compreso bene le parole del Maestro, ma dà l’occasione a Gesù per fare un’affermazione grandiosa: “Io sono la via, la verità e la vita“. Il terzo momento è quello nostro e il quarto sarà l’occasione della pesca miracolosa.

Dunque non stiamo parlando di un discepolo sconsiderato. Chissà cosa stava provando dopo la morte del suo Maestro! Aveva incitato gli altri ad andare a morire con lui, ma di fatto, insieme con gli altri aveva lasciato solo il Maestro. Come gli bruciava dentro questa incoerenza! Forse anche per questo non riusciva a restare chiuso dentro casa e guarda caso proprio quando non c’era il Maestro si presenta: non ci poteva credere.

Il fatto più importante e bello è proprio la misericordia di Gesù di fronte a questo discepolo. Per Dio anche le fragilità più grandi della vita umana non sono nulla. La sua misericordia supera tutti i nostri peccati e le nostre mancanze e ci rende capaci di acclamarlo mio Signore e mio Dio. La sua presenza ci rende capaci di grandi testimonianze e nella nostra fragilità manifesta la sua forza.

Di fronte al dubbio del discepolo Gesù non dimostra rivalsa, ma tenerezza e misericordia. Non vince l’incredulità del discepolo sgridandolo o usando violenza nei suoi confronti. Con il suo amore disarma il discepolo nel suo dubbio e lo rende capace di una grande testimonianza. Il percorso di fede di Tommaso è abbastanza incerto fino a questo momento, ma non da questo momento in poi. Diventa un discepolo davvero coraggioso e porta alle popolazioni lontane il messaggio del Vangelo.

Oggi questo discepolo diventa un maestro per noi. Tommaso è chiamato Didimo, cioè, Gemello. Alcuni dicono che si chiama così perché in lui ci sono due percorsi: quello di fede e del dubbio. Possiamo essere noi il gemello di Tommaso perché il percorso di fede nostro è un percorso che potrebbe essere come il suo che parte dalle incertezze ed entusiasmi, ma cresce fino a diventare una certezza e un grande annuncio. Cerchiamo anche noi di annunciare con coraggio la nostra fede in Cristo Gesù, portare il suo messaggio per gli altri e quando le delusioni del cammino e le ferite della vita ci segnano, la presenza del Risorto diventi balsamo sulle nostre ferite e speranza del nostro cammino. Chiediamo che lo Spirito del Padre ci accompagni sempre in questo cammino.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

V° DOMENICA DI QUARESIMA

resurrection_de_lazarreL’Evangelista Giovanni chiama i miracoli segni e ci invita a riflettere sul profondo significato di questi segni e colui che ne è l’autore. Inevitabilmente la nostra attenzione e riflessione devono cadere sulla persona di Gesù Cristo che deve diventare il punto di riferimento per il nostro cammino. La risurrezione di Lazzaro è l’ultimo di questi segni che Gesù compie prima di affrontare la sua passione e crocifissione.

Forse non bisognerebbe parlare della risurrezione di Lazzaro ma di rianimazione dato che dovrà morire di nuovo. Chi risorge invece vive per sempre e chissà se quel ritornare alla vita sia stato un bene per Lazzaro che è dovuto morire due volte. Evidentemente l’attenzione non è sul fatto della risurrezione di Lazzaro, ma su colui che è risurrezione e vita. Lazzaro casomai diventa appunto un segno che indirizza la nostra attenzione su colui che ci può dare la vita eterna. Il segno comunque è molto bello perché ci fa capire ancora una volta la tenerezza di Dio per gli uomini e la pazienza e delicatezza con cui Dio entra nella storia di ciascuno di noi.

Gesù aspetta prima di andare da Lazzaro e le sue sorelle e dice ai suoi discepoli che l’incontro con Lazzaro sarà per la gloria di Dio. Prende un rimprovero da Marta, ripetuto poi da Maria: Signore se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Quante volte anche nel nostro vivere quotidiano questo grido: fossi stato qui. Perché aspetti Signore, perché non intervieni, perché non dai la soluzione subito? Domande che cercano di dettare i tempi a Dio e che non vogliono tener conto del tempo di Dio. Un grido molto familiare perché fa parte di ciascuno di noi. Un grido che in qualche modo denuncia la nostra incapacità di aver fiducia in Dio.

Ecco allora la domanda di Dio per noi: CREDI? Mette a nudo tutta la nostra fragilità, tutta la fatica nel cammino quotidiano, tutte le soluzioni umane che cerchiamo mettendo da parte Dio. Continua a domandarci se gli crediamo seriamente oppure il nostro avvicinarsi a Dio è solo per un tornaconto. In che cosa o meglio in chi bisogna credere? Bisogna credere in colui che è la Vita.

Marta crede di saperne abbastanza quando dice che il suo fratello risorgerà nell’ultimo giorno. Ma Gesù vuole aprire il suo cuore e farle capire che colui che crede in Lui è già risorto, vive la vita nuova in Dio e non morirà più. Siamo chiamati a questa vita, una vita che è partecipazione alla Vita. Passo dopo passo fa arrivare Marta alla grande professione di fede in Lui.

Ma questa bella notizia deve essere portata agli altri. Quel “il maestro ti chiama” che Marta rivolge alla sorella è la missione di tutti noi. Anche noi siamo chiamati a portare verso Gesù quelli attorno a noi. La gioia dell’incontro col Signore non è da tenere per sé, ma da condividere con gli altri.

Dovremo tener presente un’altra cosa. Sia Marta che Maria incontrano Gesù fuori dalla loro casa. Le sorelle stavano piangendo il loro fratello morto, ma bisogna uscire dalla casa del lutto per incontrarsi con il Signore. Che casa abbiamo noi o meglio, che casa siamo? Siamo una casa di lutto e continuiamo a piangere oppure abbiamo la forza di abbandonare questa casa di lutto ed andare incontro al Signore? Il nostro cuore è una casa di lutto? Dovunque siamo facciamo diventare quell’ambiente una casa di lutto oppure traspare dai nostri atteggiamenti la gioia dell’incontro con Dio che ha cambiato la nostra vita?

Dio, con la sua misericordia, ci fa risorgere dai nostri peccati. Non siamo chiamati a rimanere nelle tombe, ma a venirne fuori. Siamo forse anche noi bendati da tante debolezze e peccati della nostra vita. Niente paura, la bontà di Dio supera tutte le nostre mancanze. Usciamo dalle nostre case di lutto e andiamo incontro al Signore. Chiediamo che il Signore ci illumini sempre con la luce del Suo Spirito.

Buona domenica a tutti!
P. Sabu

X° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

resurrezione-figlio-vedova-di-nainLa parola di Dio oggi ci presenta dei brani che fanno riflettere sull’autorità di Dio sulla morte. Il racconto del brano del Vangelo di Luca sulla risurrezione del figlio della vedova di Nain,  è descritto come un segno della venuta dei tempi messianici.

La rianimazione del corpo del giovane però, non è un miracolo definitivo ma momentaneo, perché solo la risurrezione di Gesù è la vittoria piena e la liberazione totale dalla morte e da ogni sorta di male. E’ nella risurrezione di Gesù che ognuno di noi vede la propria vera e definitiva esistenza. Nessun uomo può operare la propria salvezza eterna e ci vuole un passaggio che solo Dio può operare nella Sua misericordia. Il passaggio per noi è il passaggio della risurrezione di Gesù, la Sua Pasqua che diventa per noi speranza di una vita che non finisce mai.

Ma da dove parte tutto questo? E’ bello notare come tutto l’evento parta dalla grande compassione di Gesù per l’uomo. Di fronte al dolore di una madre non si dimostra indifferente, non fa prediche, non spreca parole, non si affida ad espressioni consolatorie umane spesso vuote. La sua commozione è genuina, è come un abbraccio dolce che avvolge la persona che soffre e si mette dalla parte di chi è nel dolore e riesce a consolare la persona come nessun altro avrebbe potuto fare.

Credo che ciò che è importante in tutto il racconto non sia la grandezza del miracolo, ma proprio la tenerezza di Dio per l’uomo. Il miracolo è solamente un segno e tutti sappiamo che ognuno di noi porta dentro di sé la certezza di dover lasciare questa vita terrena, ognuno nel momento e nei modi che vorrà il Signore. Non ci spaventa questa realtà, ma la nostra fede ci dice che è una trasformazione che avverrà per ciascuno di noi. Ecco perché diventa importante imparare la compassione di Gesù. Per vivere in eterno abbiamo bisogno della compassione di Dio e per vivere meglio la vita terrena nostra abbiamo bisogno della compassione vicendevole.

Gesù si fa prossimo a chi soffre e dall’esempio del maestro deve imparare anche il discepolo. La nostra presenza accanto alle persone che soffrono deve diventare il segno della misericordia e della tenerezza di Dio. Una presenza che può compiere miracoli. Morte e sofferenza sono all’ordine del giorno anche attorno a noi e solo una conversione del nostro cuore verso gli uomini e solo la capacità di essere compassionevoli ci darà una mano in questo cammino.

Se poi ci pensiamo bene la morte interiore è ancora peggio della morte fisica. E forse il segno della misericordia di Dio che deve continuare attraverso di noi è proprio quello di essere prossimo per chi è in queste situazioni. Dio continua ad operare miracoli e ci sceglie come strumenti per farli. Mettiamoci nelle mani di Dio e diamogli la possibilità di continuare a compierli anche nei nostri giorni. Un’attenzione particolare la dovremo avere soprattutto verso le persone che vivono momenti di morte interiore e cercare di essere sempre più la compassione di Dio per loro oggi.

Chiediamo che il Signore della vita ci renda capaci di questi piccoli grandi gesti della vita quotidiana perché possiamo essere persone della compassione e della misericordia di Dio nel mondo di oggi. Che lo Spirito del Padre ci accompagni con la sua luce.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

IV° DOMENICA DI PASQUA

buon_pastoreL’immagine del Pastore è una di quelle più belle attribuite a Dio nell’Antico Testamento, e nel Nuovo quest’immagine è attribuita a Gesù che viene chiamato “Buon Pastore”. Anche nell’arte siamo molto familiari con le raffigurazioni di Gesù che porta sulle spalle la pecorella smarrita.
Per renderci conto della bellezza di quest’immagine pensiamo ad alcuni passi come il salmo 23: “Il Signore è il mio pastore non manco di nulla”: un pastore buono che ha cura del proprio gregge e porta il gregge su pascoli erbosi e ad acque tranquille. Con Lui accanto, non si deve temere nulla ed è un bel messaggio che fa bene all’anima nostra. Il profeta Ezechiele quando parla dei pastori, prima mette in evidenza i pastori che sfruttano il gregge solo per il proprio interesse e non per prendersene cura e ricorda che Dio stesso invece si farà pastore del suo gregge e darà al suo popolo pastori secondo il Suo cuore. Anche il profeta Isaia parla di YHWH come di colui che si farà Pastore e che conduce con tenerezza e forza gli esiliati verso la terra d’Israele.
Tenendo presente come sfondo tutto ciò che l’Antico Testamento racconta di Dio come pastore guardiamo alla figura del Buon Pastore che è Gesù. Possiamo pensare che Gesù porti a compimento tutto ciò che il popolo d’Israele vedeva in Dio come pastore e in qualche modo supera infinitamente tutto ciò che c’era scritto nella Legge e nei Profeti.
Gesù è il Buon Pastore che dà la vita per il suo gregge, non è colui che lascia il gregge e fugge via quando viene il lupo. Anzi, è colui che sta vicino al suo gregge e lo protegge dando la sua vita. La novità più grande, penso che sia proprio questo: Gesù diventa pastore ed agnello. Lui è colui che guida il suo popolo, ma è anche colui che viene ucciso perché il gregge abbia la vita e la vita eterna. Ecco perché dice che le sue pecore conoscono la sua voce e lo seguono. Sarebbe stato difficile seguire un mercenario, ma il pastore che diventa Agnello donando la vita per il suo gregge è colui da seguire. Questa è l’immagine che il libro dell’Apocalisse ci offre nella seconda lettura di oggi.
Quando si segue un Pastore di questo calibro, non possiamo tirarci indietro anche nella missione di cui ci fa partecipi: quella di portare agli altri la buona notizia della Sua risurrezione. Viene annunciata a tutti, ma se uno ha il cuore indurito, non importa appartenere a un popolo o ad un altro, il messaggio passa oltre e si rischia di rimanerne fuori nel proprio cammino.
Ringraziamo il Padre perché ci ha donato un pastore che dona la vita per noi e che guida la nostra vita con la sua tenerezza. Cerchiamo di seguirlo nel nostro vivere quotidiano pur nelle difficoltà riconoscendo in lui l’unico capace di indicarci la giusta strada. Chiediamo che lo Spirito del Signore ci accompagni con la sua luce.
Una buona e santa domenica a tutti!

P. Sabu