III° DOMENICA DI PASQUA

Christ_Taking_Leave_of_the_Apostles“Mi ami tu?”, ci chiede il Maestro. Qual è la nostra risposta? Se la domanda ci inquieta tanto meglio. Significa che ogni tanto ci facciamo delle domande sul nostro cammino di fede.
Gli atti degli Apostoli ci mostrano come i discepoli reagivano di fronte alle persecuzioni e alle avversità durante il cammino della predicazione del Vangelo. Due frasi: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” e “se ne andarono … lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Ci danno idea di come fosse la loro relazione nei confronti del Signore. Non poteva essere altrimenti, loro avevano avuto un Maestro unico che anche dopo la resurrezione continua a formarli per essere coraggiosi testimoni. Ma ci mettono anche del loro, perché per essere guidati dallo Spirito bisogna essere docili alla Sua azione.
Come siamo noi nel nostro cammino? Discepoli coraggiosi che obbediscono a Dio piuttosto che agli uomini oppure ancora molto attaccati alle opinioni degli uomini tanto da mettere da parte ciò che sappiamo il Signore vuole da noi? Basta poco alle volte a destabilizzarci, a mettere confusione nella nostra testa, ad essere paurosi nel testimoniare la nostra fede. Gli Apostoli si consideravano fortunati ad essere perseguitati per Gesù, noi cosa avremmo fatto! Ci saremo nascosti, magari avremo rinnegato la nostra fede, chissà! Bisogna amare Dio non solo quando le cose vanno bene, bisogna ringraziarlo soprattutto quando le cose non vanno bene perché sono le occasioni dove Dio manifesta la sua grandezza.
Il Signore continua domandare a ciascuno di noi oggi come a Pietro: “Mi ami più degli altri?” e siamo chiamati a rispondere personalmente. Bisogna sempre ricordarsi delle parole di San Giovanni che ci dice di dimostrare il nostro amore verso Dio con il nostro amore verso il prossimo e chiama bugiardi coloro che dicono di amare Dio e non amano il prossimo. Ecco come siamo chiamati a testimoniare l’amore nella società in cui viviamo: attraverso i gesti concreti di carità nei confronti del nostro prossimo. Ciò non vuol dire dare qualche soldo in elemosina che potrebbe essere addirittura una scappatoia se non stiamo attenti. Essere caritatevoli vuol dire seguire l’esempio di Gesù: coltivare in noi la compassione che ha avuto nei confronti di chi soffre.
In questo anno giubilare della misericordia il Signore ci renda un po’ più misericordiosi nei confronti del nostro prossimo, ci dia la grazia di essere testimoni gioiosi della sua risurrezione e che possiamo dire, non a parole, ma con la vita quotidiana, “Signore io ti voglio bene”.

P. Sabu