III° DOMENICA DI AVVENTO

andate-e-riferiteSei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”, una domanda sconcertante che Giovanni Battista fa recapitare a Gesù tramite i suoi discepoli. Com’è possibile? Giovanni è stato colui che
aveva battezzato Gesù sul Giordano e in quel momento c’era la voce del Padre che diceva: “Questo è il mio figlio prediletto”. Aveva visto lo spirito del Padre scendere sul Figlio come una colomba. Come fa uno come lui ad avere dubbi sulla persona di Cristo?

Forse questa domanda non è tanto per il Battista, ma per ciascuno di noi. Chi di noi può dire di non aver mai avuto dei dubbi nel suo cammino di fede? Chi può essere così sicuro da dire di non aver mai tolto il suo sguardo dall’unico maestro che è Gesù? Ognuno di noi sa quale cammino fa nella propria vita e alle volte con quanta fatica porta avanti questo cammino.

Giovanni aveva predicato, come del resto tutti i profeti dell’Antico Testamento, che il tempo del Messia sarà un tempo terribile e sarà un tempo di giustizia dove a trionfare sarà la gloria del Signore e tutti i peccatori subiranno una sorte terribile. Il volto di Dio che Gesù è venuto a portare nel mondo è un volto misericordioso e proprio questa pedagogia di Gesù non andava d’accordo con le aspettative messianiche della gran maggioranza della gente di allora. In qualche modo anche Giovanni rappresenta queste categorie di persone e rappresenta ciascuno di noi soprattutto quando noi ci troviamo nei momenti di dubbio e di confusione nel nostro cammino di fede.

C’è un’altra corrente di pensiero che parla di come Giovanni Battista abbia mandato i suoi discepoli verso Gesù perché potessero scoprire in prima persona questo grande Maestro e seguirlo nella loro vita. Quindi non un dubbio, ma un completamento della sua missione che motiva Giovanni a mandare i suoi discepoli a Gesù.

Alla domanda diretta, Gesù non dà una risposta diretta, ma offre una risposta più efficace. Non fa parlare le parole, ma i fatti. Infatti, ciò che dice ai discepoli di Giovanni è: “Andate e riferite“. Bisogna pensare che questo imperativo al plurale ha il significato di rendere testimonianza. Al tempo di Gesù si riteneva valida solo la testimonianza portata avanti da due persone e non da una persona sola. Pensate anche all’episodio dove  Gesù manda a due a due i settantadue discepoli avanti a lui.

Parlano i fatti: i ciechi vedono, i sordi ascoltano, i morti sono risuscitati e ai poveri è annunciata la buona notizia. Sono tutti segni messianici che i profeti avevano annunciato e che si compiono in Gesù. Con un’eloquenza disarmante questi segni dovevano dire a Giovanni che ormai il tempo d’attesa è finita perché lui, il Messia, è presente nel mondo.

Il mondo in cui viviamo oggi ci mette davanti agli occhi quasi esclusivamente le cose che non vanno e ci sembra sia impossibile avere un briciolo di speranza per andare avanti sereni. Bisogna avere più fiducia nel Signore, bisogna cercare di imparare sempre di più e sempre di meglio da lui. Testimoniamo insieme con i nostri fratelli la gioia del Signore che viene a visitarci. Man mano che si avvicina questo giorno la nostra gioia cresce. Ringraziamo il Signore e chiediamo che lo Spirito del Padre ci illumini il cammino.

Buon cammino di Avvento a tutti!

P. Sabu

XIII° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

I grandi maestri dlibertài spirito hanno avuto sempre dei discepoli che li seguivano assiduamente ed è un’esperienza presente un po’ in tutte le religioni. Anche nella prima lettura abbiamo un episodio di questo genere; Elia che sceglie Eliseo. I cristiani sono discepoli dell’unico Maestro che è Cristo e oggi la Parola di Dio ci invita a riflettere sulla qualità del nostro essere discepoli.

Il brano del Vangelo ci presenta dei personaggi che potrebbero assomigliare  a ciascuno di noi. Tutti sono potenziali discepoli. Il primo dice “Ti seguirò ovunque tu vada” e Gesù: “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Non sappiamo se si sarà scoraggiato quel tale oppure nonostante tutto abbia seguito Gesù.

Al secondo, è Gesù stesso che fa l’invito: “Seguimi”, e lui risponde chiedendo il permesso di andare a seppellire suo padre. Ma l’invito di Dio non può attendere, deve avere la precedenza e la priorità assoluta. “Lascia che i morti seppelliscano i morti” è la risposta.  Anche in questo caso non sappiamo se quel tale è andato dietro a Gesù.

Il terzo si propone dichiarando la volontà di seguire Gesù, ma anche qui c’è qualcosa che lo tira indietro: “lascia che io mi congedi da quelli di casa”. La risposta è prontissima, non si può mettere mano all’aratro e guardare indietro se vuoi far parte del Regno. Dove sarà andato il terzo non si sa, ma avrà almeno capito che il Regno non è la seconda scelta, ma decisamente la prima?

Ci inseriamo anche noi in questo quadro e ci domandiamo com’è la nostra decisione di seguire Gesù. Dio viene seguito solo quando ci conviene, quando ci fa comodo, quando non abbiamo null’altro da fare, quando c’è da chiedergli qualche favore oppure diventa una scelta di vita? Immaginate lo sfondo delle parole di Gesù: prese la ferma decisione di andare verso Gerusalemme. Non ci andava per una festa, ma per lasciarsi inchiodare sulla croce e i suoi discepoli lo sapevano e forse erano anche un po’ terrorizzati dall’idea. In questo cammino Gesù cerca i discepoli perché con la loro vita possano portare avanti il progetto di salvezza per gli uomini.

Ricordiamoci che la Sua è sempre una proposta e oggi San Paolo ce lo dice chiaramente:
, libertà dei figli di Dio riscattati dalla schiavitù del peccato. E in questa libertà diventa determinante la nostra scelta di seguire Cristo. Ciò che deve entrare nel nostro cuore è che stiamo seguendo non una dottrina, ma una persona, la persona di Gesù Cristo. Solo in quest’ottica abbiamo chiaro il nostro cammino. Soltanto quando si vuole veramente bene ad una persona, si è pronti a tutto perché quella persona viene prima di tutto.

Forse Dio non è ancora diventato tutto per la nostra vita e ne risente tutto il nostro cammino di fede. Ma anche qui Dio non ci abbandona. La sua misericordia ci sostiene e ci aiuta a riprendere il cammino. Bisogna davvero ringraziare il Signore per questo Suo amore per noi.

Non scoraggiamoci di fronte alle difficoltà sul cammino cristiano della vita. Chiediamo che lo Spirito del Padre ci aiuti e ci renda capaci di essere sempre più i suoi veri discepoli. Discepoli capaci di essere testimoni della misericordia perché riconoscenti della misericordia di Dio ricevuta.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

III° DOMENICA DI PASQUA

Christ_Taking_Leave_of_the_Apostles“Mi ami tu?”, ci chiede il Maestro. Qual è la nostra risposta? Se la domanda ci inquieta tanto meglio. Significa che ogni tanto ci facciamo delle domande sul nostro cammino di fede.
Gli atti degli Apostoli ci mostrano come i discepoli reagivano di fronte alle persecuzioni e alle avversità durante il cammino della predicazione del Vangelo. Due frasi: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” e “se ne andarono … lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”. Ci danno idea di come fosse la loro relazione nei confronti del Signore. Non poteva essere altrimenti, loro avevano avuto un Maestro unico che anche dopo la resurrezione continua a formarli per essere coraggiosi testimoni. Ma ci mettono anche del loro, perché per essere guidati dallo Spirito bisogna essere docili alla Sua azione.
Come siamo noi nel nostro cammino? Discepoli coraggiosi che obbediscono a Dio piuttosto che agli uomini oppure ancora molto attaccati alle opinioni degli uomini tanto da mettere da parte ciò che sappiamo il Signore vuole da noi? Basta poco alle volte a destabilizzarci, a mettere confusione nella nostra testa, ad essere paurosi nel testimoniare la nostra fede. Gli Apostoli si consideravano fortunati ad essere perseguitati per Gesù, noi cosa avremmo fatto! Ci saremo nascosti, magari avremo rinnegato la nostra fede, chissà! Bisogna amare Dio non solo quando le cose vanno bene, bisogna ringraziarlo soprattutto quando le cose non vanno bene perché sono le occasioni dove Dio manifesta la sua grandezza.
Il Signore continua domandare a ciascuno di noi oggi come a Pietro: “Mi ami più degli altri?” e siamo chiamati a rispondere personalmente. Bisogna sempre ricordarsi delle parole di San Giovanni che ci dice di dimostrare il nostro amore verso Dio con il nostro amore verso il prossimo e chiama bugiardi coloro che dicono di amare Dio e non amano il prossimo. Ecco come siamo chiamati a testimoniare l’amore nella società in cui viviamo: attraverso i gesti concreti di carità nei confronti del nostro prossimo. Ciò non vuol dire dare qualche soldo in elemosina che potrebbe essere addirittura una scappatoia se non stiamo attenti. Essere caritatevoli vuol dire seguire l’esempio di Gesù: coltivare in noi la compassione che ha avuto nei confronti di chi soffre.
In questo anno giubilare della misericordia il Signore ci renda un po’ più misericordiosi nei confronti del nostro prossimo, ci dia la grazia di essere testimoni gioiosi della sua risurrezione e che possiamo dire, non a parole, ma con la vita quotidiana, “Signore io ti voglio bene”.

P. Sabu

VENERDÌ SANTO

crociE’ un giorno in cui non si celebra la Messa nelle nostre chiese, perché la Chiesa ricorda la morte del suo Sposo e Signore sulla croce. La Croce domina la scena e tutti gli sguardi sono rivolti a questo segno di salvezza, “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”, aveva detto il Maestro. Guardiamo anche noi a Lui per essere redenti dal Suo sacrificio.

La Parola di Dio ci invita a riflettere sulla passione di Cristo e questa lunga lettura,  per qualcuno anche noiosa, per chi crede diventa un racconto d’amore di Dio per l’umanità: racconto di un Dio che non si accontenta di nascere per gli uomini, ma dona la sua vita in una maniera cruenta per portare tutti alla salvezza. Nella sua vita terrena diceva ai suoi discepoli che non c’è amore più grande di dare la vita per gli amici. Consoliamoci! Abbiamo un Dio che ci considera amici così come siamo e non è poca cosa. Ma accogliere questo amore significa impegnarci perché il flusso d’amore, partito dal Suo cuore non si fermi mai e coinvolga tutta la nostra esistenza.

Se impariamo dalla croce, abbiamo speranza nel nostro percorso di fede. Gesù ci invita a prendere la nostra croce ogni giorno e seguirlo. Sa che non saremo mai capaci di amare la croce, infatti non ce lo dice, ma bisogna prenderla perché è il segno della nostra salvezza. Bisogna sempre ricordarsi che non siamo lasciati soli sulla nostra croce, dall’altra parte della croce c’è sempre Lui che rende la nostra croce dolce e leggera.

Sappiamo quanto è difficile per ciascuno di noi l’insegnamento della croce! E allora guardiamo a colui che è stato trafitto per i nostri peccati e con la sua croce ha portato la salvezza per tutti noi. Anche nei momenti in cui non sappiamo spiegarci le croci della nostra vita, proviamo a pensare che il Signore sta portando avanti con la nostra collaborazione il progetto di salvezza per tutti. Non la croce, ma la gloria della risurrezione avrà l’ultima parola nella nostra vita come nella vita del Cristo.

P. Sabu