VI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù-in-Sinagoga-ZeffirelliAvete inteso che fu detto agli antichi …. ma io vi dico: un ritornello che abbiamo sentito tante volte durante la lettura del Vangelo di oggi. La predicazione di Gesù poteva far venire più di qualche dubbio
a qualcuno, a scanso di equivoci Gesù dice: Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

Il discepolo di Gesù, il cristiano, è principalmente colui che segue il Maestro, non colui che adempie la legge. Potrebbe trarre in inganno questa affermazione e qualcuno potrebbe interpretarla come un invito all’anarchia. Gesù era consapevole di questo rischio ed ecco perché oggi ci dice che è venuto a portare a compimento tutte le leggi e i profeti e non ad abolirli.

Se per gli antichi, per il popolo d’Israele, era importante osservare perfettamente la legge, per il cristiano l’importante è accogliere la persona di Gesù Cristo. Il confronto che il discepolo ha da fare è con
il suo Maestro che è la manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini piuttosto che con un insieme di leggi. Quindi chi ama Gesù e lo accoglie come proprio Maestro, non si affida a delle leggi senz’anima, ma si affida all’esempio del Maestro da seguire nella propria vita.

Gli scribi insegnavano la Legge mosaica, i farisei erano osservanti zelanti di questa legge, ma più di una volta vengono chiamati ipocriti da Gesù. Ai suoi discepoli, l’abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo di oggi, dice che la loro giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei proprio per il fatto che non bisogna fermarsi alla lettera della legge, ma bisogna capirne lo spirito.

Il compimento che Gesù porta è proprio quello dell’amore, senza l’amore l’osservanza delle leggi diventa una schiavitù e Gesù non ci vuole schiavi, ma liberi e soprattutto figli del Padre. Solo un figlio che ama il Padre può obbedirgli per amore e diventare testimone dell’amore del Padre. Non basta non uccidere, non commettere adulterio o non giurare: bisogna andare molto oltre. Bisogna cercare di trovare nei fratelli il volto di colui che si è fatto tutto per tutti. Se pensiamo semplicemente alla nostra vita quotidiana, quante volte ci accorgiamo che si uccide non solo con le armi, ma soprattutto con le parole e con gli atteggiamenti. E’ in queste situazioni concrete e quotidiane della vita che Gesù vuole che superiamo gli scribi e i farisei e diventiamo figli.

A quale giustizia teniamo noi? Una giustizia che si accontenta dell’osservanza delle leggi e nulla più oppure la nostra misura è la persona di Cristo? Pensate anche alle nostre confessioni: non ho ucciso nessuno, non ho rubato, non ho commesso adulterio: ma basta questo per essere discepoli del Signore oppure dobbiamo avere uno sguardo un po’ più attento al nostro cammino di fede? Se il comandamento di non uccidere viene portato a compimento da Gesù che ci dice di non chiamare né pazzo, né stupido il nostro fratello perché è figlio del Padre come noi, è un invito ad alzare lo sguardo.

Infatti a conclusione del discorso della montagna la meta che Gesù metterà davanti alla folla sarà proprio l’invito ad essere perfetti come il padre celeste. Meta inarrivabile, ma che stuzzica il nostro desiderio di diventare come il Maestro. Rimbocchiamoci le maniche e chiediamo che ci assista la grazia del Padre perché possiamo essere veri figli suoi e fratelli del Cristo.

Affidiamoci allo Spirito Santo perché illumini sempre la nostra strada!

Buona domenica a tutti
P. Sabu

V° DOMENICA DI PASQUA

L'ultima cena in un dipinto di Philippe de Champaigne (XVII secolo).La legge dell’amore come base del vivere cristiano personale e comunitario: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio di oggi. Nella prima lettura c’è l’esempio di Paolo e Barnaba che ritornando dalla loro missione riferiscono alla comunità tutto ciò che Dio aveva fatto per mezzo di loro: non tengono per sé stessi la gioia della predicazione. Il brano dell’Apocalisse ci mostra la Gerusalemme nuova che scende dal cielo, che è l’immagine della Chiesa, e viene annunciata come la tenda di Dio tra gli uomini. Nel brano del Vangelo Gesù dice ai suoi discepoli che devono avere l’amore gli uni per gli altri perché sarà il segno del loro essere discepoli del Maestro.
La vocazione di ogni cristiano è quella di testimoniare questo amore di Dio nel mondo perché diventi il segno visibile della presenza di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che offre loro un comandamento nuovo. Il fatto che rivolga queste parole durante l’ultima cena acquista una grande importanza. Sono gli ultimi momenti che il Maestro trascorre insieme con i suoi discepoli e queste parole diventano il testamento che lascia ai suoi un’eredità che devono condividere tra loro.
Ma la vera novità che Gesù porta non è il comandamento dell’amore in sé perché era già presente nell’Antico Testamento. Quel Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” è la novità assoluta. Coloro che si dicono cristiani non hanno alibi, hanno un solo esempio, quello del Maestro e il suo comandamento non è astratto, ma posizionato nelle realtà concrete della vita quotidiana e diventa un comandamento sempre nuovo. Non perde mai la novità perché le situazioni della vita umana cambia ogni giorno e il cristiano è chiamato ad incarnarsi in quelle situazioni per amare come ha amato il Cristo.
Ecco dove sta la vera difficoltà nostra nel vivere l’amore. Finché ne parliamo va bene, ma quando si tratta di tradurlo nella quotidianità diventa davvero difficile amare come Lui ha amato. Un amore incondizionato che non tenga conto della propria vita e si spende perché gli altri abbiano la vita in abbondanza, un amore che si china sui piedi del prossimo e si fa schiavo dell’altro è ciò che il Maestro ci ha fatto vedere con il suo esempio. E siamo chiamati a vivere questo amore non solo singolarmente, ma come comunità. Infatti ci dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.
La domanda da farci è allora come viviamo questo amore nella vita personale e comunitaria. Il cristiano non è una lampada nascosta sotto il moggio, ma messa sul candelabro perché tutti quelli che entrano abbiano la luce e possano vedere. Chiediamo che il Signore ci doni la grazia di testimoniare il suo amore nel mondo e vedendo la nostra testimonianza gli altri possano ringraziare il Signore ed avvicinarsi a Lui.
Buona Domenica a tutti!

P. Sabu

DOMENICA DELLE PALME

«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

E’ il grido che risuona per le strade di Gerusalemme e quando alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli» Egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

Sembra davvero un trionfo, quello di Gesù: questo ingresso sembra cancellare tutti i dubbi sulla sua persona. Sembra addirittura che perfino i suoi avversari siano convinti che fosse colui che avevano aspettato per secoli.

Sembra, perché come sfondo alle grida trionfanti di oggi c’è quel “Crocifiggilo, Crocifiggilo”, gridato a squarciagola e che porterà alla condanna l’Innocente.

L’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme è l’inizio della Sua passione e la morte in croce. Nella lettura della passione di oggi il nostro sguardo deve rimanere sulla croce che trionfa. Il servo di Dio porta su di sé il peccato del mondo e sulla croce compie tutto ciò che il Padre chiede da lui. Si sottomette e la sua obbedienza diventa causa di salvezza per tutti noi.

Qual’è la nostra reazione davanti alla croce? Siamo portatori di croci come ornamenti e lontani dalla fatica della croce, come ci ricorda don Tonino Bello oppure riusciamo a far pendere la croce anche sulle decisioni della nostra vita? L’esempio di Gesù ci ricorda che siamo chiamati a trionfare anche noi. L’ultima parola non è la croce, ma risurrezione; l’ultima parola non è morte, ma vita, non tenebre, ma luce.

Facciamo trionfare in noi questo segno di salvezza. Pensate, è il primo segno che abbiamo ricevuto quando i nostri genitori ci hanno portato in chiesa per essere battezzati e sarà il segno che ci accompagnerà per tutto il percorso di fede. Quante volte ci siamo segnati anche distrattamente con questo segno! All’inizio di questa settimana santa, decisiva per il nostro cammino di fede, chiediamo che lo Spirito del Padre ci doni la forza per guardare alla croce come fonte di salvezza per tutti noi.

P. Sabu