XVI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

granoezizzaniaDopo averci parlato dei terreni diversi che accolgono il seme della Parola, Gesù ci invita oggi a purificare i nostri sguardi nei confronti degli altri che camminano insieme con noi. È vero che abbiamo delle difficoltà nei nostri sguardi, ma è proprio una questione di sguardi il nostro cammino di fede.

Come mai Signore? Perché non intervieni? Sono delle grida che innalziamo a Dio in vari momenti della nostra vita. Il tutto e subito fa parte della nostra vita e del nostro modo di giudicare le cose e faccende di questo mondo, fa parte del nostro ragionamento. Eppure non è la logica del Regno. Noi gridiamo al Signore; andiamo a sradicare, a togliere e a purificare? Egli dice: no, lasciali crescere insieme. È difficile capire la logica di Dio, ma imparare dal Maestro significa proprio entrare in questa logica. L’amore, la pazienza e la misericordia di Dio supera infinitamente i nostri giudizi. Eppure, stranamente ma veramente, chi beneficia di questa misericordia e pazienza di Dio sono proprio io.  Se il Signore agisse come vorrebbero i servi chissà dove sarei! Quindi bisognerebbe ringraziarlo ogni giorno per la sua pazienza per me.

I servi sono delusi ed amareggiati nel vedere la zizzania insieme al buon grano e non nascondono i loro sentimenti davanti al padrone. Vedono solo l’erba cattiva e non sanno come fare per toglierla. Invece, il padrone vede il grano buono: non vuole l’intervento dei servi proprio per non distruggerlo. Sa che ci vuole del tempo per distinguere la zizzania dal grano buono. Ce lo dicono anche le altre due parabole: perché il piccolo seme diventi un albero grande da offrire il rifugio per gli uccelli del cielo ci vuole tempo. Anche il lievito ha bisogno del tempo per lievitare la pasta. Pazienza, pazienza, pazienza, ci dice, a noi frettolosi, il Signore oggi. Abbiamo sempre bisogno di riprendere il cammino di conversione verso la misericordia di Dio.

La potenza di Dio non si manifesta come vuole l’uomo. San Paolo ci dice che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza dell’uomo. Sul monte Oreb il profeta Elia aspetta di vedere la presenza di Dio: terremoto, fuoco e vento forte, ma Dio non c’è, il Signore gli si manifesta in una leggera brezza. Il granello di senape e il lievito ci spiegano questa semplicità e umiltà del Regno: non c’è da scandalizzarsi di fronte alla “piccolezza” del Regno, ma adoperarsi perché cresca sempre di più e meglio in ciascuno di noi. Far parte del Regno dei cieli è anche cercare di accettare il modo di operare di Dio. La grandezza di Dio si manifesta soprattutto nel suo amore e nella sua misericordia e noi siamo chiamati ad essere la misericordia di Dio per gli uomini che incontriamo nella nostra vita.

Ringraziamo il Signore per queste parabole che ci rivolge oggi. Sappiamo le difficoltà che abbiamo nel mettere in pratica ciò che ci dice, ma la sfida diventa bella proprio per questo. Non spaventiamoci di fronte alla zizzania che cresce insieme al buon grano e non illudiamoci che siamo noi a raddrizzare tutto e subito. Bisogna avere tanta fiducia nel Signore e pregare che ci doni tanta pazienza. Nel nostro impeto di togliere la zizzania dal mondo, potremo rovinare il piano di Dio. Dice infatti san Benedetto nella sua Regola che nella nostra fretta “possiamo mandare a pezzi il vaso cercando di togliere la ruggine con troppo zelo”.

Chiediamo che il Signore ci insegni la sua pazienza e la sua misericordia e sostenuti dal suo amore possiamo davvero testimoniare la nostra fede nel mondo di oggi.

Buona domenica a tutti!

SANTISSIMA TRINITÀ

vetrata_trinitàLa grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi, ci dice l’apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi. E’ un saluto che sentiamo all’inizio della Messa. Quando noi celebriamo oggi la solennità della Santissima Trinità, il miglior augurio per ciascuno di noi sia proprio questa preghiera. Rinnoviamo la nostra fede nella Santissima Trinità e chiediamo che crei comunione d’amore in ciascuno di noi e nelle nostre comunità.

La preghiera che Mosè rivolge al Signore nella prima lettura, è che cammini in mezzo al popolo. E’ una preghiera che anche noi possiamo rivolgere continuamente a Dio e forse in questa solennità della Santissima Trinità il desiderio più grande che ogni fedele dovrebbe avere è quello di sentire la presenza continua ed amorosa di Dio accanto a sé. Se saremo più consapevoli di un Dio che cammina in mezzo a noi e accanto ad ogni uomo, saremo capaci di affrontare meglio le nostre giornate. Il mistero della Santissima Trinità è fondamentalmente un mistero di amore e di relazione. Il brano del Vangelo di oggi ce lo conferma: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito. Sembra che ci siano solo il Padre e il Figlio: ma l’amore per cui il Padre manda il Figlio è proprio lo Spirito Santo. Con una intuizione propria dei santi, Sant’Agostino dice che il Padre è l’Amante, il figlio è l’Amato e lo Spirito è l’amore che intercorre tra il Padre e il Figlio.

Possiamo dire che sono tentativi per cercare di spiegare l’inspiegabile, ma ci fa vedere come la nostra esperienza di Dio sia fondamentalmente un’esperienza di amore. Quello che quindi ciascuno di noi è chiamato a fare durante questa solennità è fare silenzio, adorare e ringraziare. Il dono più grande che Dio fa per gli uomini è il Figlio e questo Figlio, nel suo amore per l’uomo offre la propria vita dando l’esempio. Non perché l’uomo meriti questo dono, ma solo perché l’amore di Dio è molto più grande del peccato dell’uomo. La misericordia di Dio per l’uomo si spinge fino al sacrificio della croce. Forse si spinge ancora oltre nascondendosi in un pezzo di pane per essere mangiato dagli uomini e questa umiliazione diventa il punto più alto della glorificazione dell’obbedienza del Figlio.

Il Padre ama, il Figlio dona se stesso e lo Spirito conferma nell’amore. La comunione tra le persone della Santissima Trinità diventa esempio di comunione e di amore tra tutti coloro che ascoltano la sua voce. Nell’accogliere nel nostro percorso di fede il mistero della Trinità siamo chiamati a produrre i frutti della loro presenza in noi. S. Paolo oggi ce lo dice chiaramente: essere gioiosi, tendere alla perfezione, farsi coraggio a vicenda, vivere in pace. Dovremo allora cercare di capire se effettivamente nel nostro cammino sono presenti queste virtù e queste caratteristiche e così potremo sapere se siamo in armonia con la Santissima Trinità oppure siamo lontani da loro e abbiamo bisogno di una conversione all’amore e alla comunione della Trinità.

Chiediamo che l’amore di Dio, la grazia di Gesù e la comunione dello Spirito ci accompagnino sempre.

Buona domenica a tutti

P. Sabu

DOMENICA DELLE RESURREZIONE DEL SIGNORE

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La notte cede il passo alla luce, le bugie cedono il passo alla Verità e il freddo e il buio di una tomba non riescono a contenere l’esplosione della luce e del calore della vita. Mentre tutto sembrava finito e gli avversari avevano ormai cantato la vittoria, ecco l’inaspettato, una tomba vuota. L’avevano messo nella tomba, avevano messo anche le guardie e pensavano di averlo eliminato per sempre, eppure la tomba vuota diventa un grande annuncio. Non più un corpo senza vita da ungere, ma un Risorto da adorare. Non sarà più la morte ad avere l’ultima parola, ma la vita. La luce di Dio brillerà per gli uomini e saranno vivificati per la vita Sua. Ringraziamo il Signore per questo giorno solenne della nostra salvezza.

È il giorno più bello della vita di un credente. Se non si crede alla risurrezione del Signore tutto il cammino di fede sarà senza senso. Non basta annunciare che Cristo è risorto, bisogna vivere come coloro che credono in questa risurrezione. Vivere da risorti è sperimentare la vita del Risorto in noi. La sfida che tutto il mondo lancia a noi è proprio questo: siamo noi capaci di vivere la gioia del Signore risorto nel nostro cammino quotidiano? Forse continuiamo ad avere delle tombe segrete nella nostra vita e non vogliamo che la grazia del Signore entri e porti la sua luce. Proprio queste tombe bisogna scoprirle e cercare di far entrare la grazia e la misericordia del Signore perché possiamo sperimentare la gioia della risurrezione che viene da lui.

Abbiamo vissuto intensi momenti della nostra fede in questi ultimi giorni. Abbiamo contemplato il Cristo nell’ultima cena, nella sua passione, l’abbiamo visto inchiodato sulla croce. Proprio donando la sua vita ha manifestato il suo grande amore per ciascuno di noi. Aveva detto che avrebbe attirato tutti a sé sulla croce ed è quello che abbiamo vissuto il venerdì santo. Oggi contempliamo invece la sua
gloria: una tomba vuota diventa una grande predica. Ci annuncia qualcosa di straordinario e che solo Dio poteva compiere. Non si può incatenare la Vita, non si può incatenare l’Amore, non si può incatenare la Verità: la vita è più grande della morte, l’amore più grande dell’odio, e la verità più grande delle falsità. Se lasciamo trionfare in noi il Risorto, anche noi possiamo avere queste vittorie in noi.

Lasciamoci condurre dalla grazia e dalla luce dello Spirito perché ci aiuti ad essere sempre più credenti nella risurrezione del Cristo e che possiamo manifestare questa gioia attraverso gli atteggiamenti quotidiani della vita. Il Risorto, ogni volta che appare ai suoi, offre loro la pace. E’ un dono che ogni uomo desidera tanto nella propria vita e allora riceviamo dal Signore questo dono e ci impegniamo perché rimanga con noi sempre.

Buona pasqua a tutti!

P. Sabu

V° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

saleSale della terra, luce del mondo: due immagini semplici, forti, molto inerenti alla vita di ogni giorno. Gesù vuole che i suoi discepoli siano così nel mondo per portare avanti la sua buona notizia per l’uomo.

Il desiderio del Maestro è bello e possiamo anche essere orgogliosi di questa missione che Egli ci dona. Ma quando guardiamo alla nostra vita ci viene naturale il dubbio se veramente possiamo essere sale della terra e luce del mondo. Prima di tutto dovremmo cercare di essere sempre più coscienti e consapevoli del fatto che il Signore compie un atto di fiducia nei nostri confronti. Infatti non dice: voi
diventerete luce oppure sarete luce se fate determinate cose: dice semplicemente siete luce e siete sale. Vuol dire che così come siamo, siamo sale della terra e luce del mondo. Pensate alla fiducia che Gesù ha avuto nei nostri confronti: è una fiducia che solo lui poteva avere.

Se ci rendiamo conto di questa fiducia divina in noi, possiamo anche cercare di capire cosa vuol dire essere sale ed essere luce. Il sale è un elemento importante nella nostra vita quotidiana. Il sale dà sapore, preserva dalla corruzione e soprattutto quando è al posto giusto nessuno se ne accorge. Infatti noi parliamo del sale nei cibi o quando è troppo o quando manca, se è quanto basta non se ne accorge neppure e non se ne parla. Così deve essere il cristiano: deve essere uno che rende la vita dell’altro saporita ed essere quasi invisibile. Quello che deve sentire è il gusto che riesce a dare alla vita delle persone che vengono a contatto con la sua vita.

Bisogna cercare, nella nostra vita di ogni giorno la nostra identità e anche la parabole della luce ci deve ricordare questo. L’identità del cristiano è essere sale e luce. Una luce non si accende per metterla sotto il letto, ma sul candelabro perché gli altri possano vederla. Così dobbiamo essere noi: persone che, illuminati dalla luce che è Cristo, possano illuminare il mondo. La luce vera è Cristo e siamo illuminati da questa grande luce. L’immagine della luce, messa sul candelabro, non ci tragga in inganno; non è per l’ostentazione, ma per essere al posto giusto. Infatti, non sotto il letto, ma sul candelabro.

Se si pensa bene si può capire che per Gesù il candelabro da cui ha illuminato il mondo era la croce, quindi per il discepolo essere sul candelabro non è per la gloria, ma per spendersi per gli altri. Ecco, allora il nostro pensiero che va al Maestro che sta sulla croce per illuminare tutti quelli che l’accolgono. Lui che ha tanta fiducia in noi, ci deve rendere orgogliosi di lui. La presenza dei cristiani nel mondo di oggi non è una presenza invasiva, ma una realtà che rende visibile la vita delle beatitudini.

E’ importante notare che Gesù usa il plurale Voi piuttosto che il singolare Tu. Questo ci fa ricordare che la testimonianza che dobbiamo rendere davanti al mondo di oggi non è una testimonianza singolare, ma comunitaria. I cristiani come una comunità fedele al suo Maestro è chiamato ad essere sale e luce nel mondo di oggi. Il sale del nostro essere discepoli sarà l’amore di Cristo e la nostra luce sarà la luce dello Spirito Santo che illumina la nostra vita e ci rende capaci di illuminare la vita degli altri.

Chiediamo che il Padre ci assista sempre con la sua grazia ed invochiamo la luce dello Spirito su ciascuno di noi.

Buona domenica a tutti!

P. Sabu

XI° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Cristo nella casa dei farisei, Tintoretto (1518-1594)

Ai piedi di Gesù per ritornare a vivere! Sembra questo il messaggio che ci viene donato oggi dalla Parola di Dio. Ringraziamo il Signore per questo grande dono.

Il Vangelo di Luca è considerato il Vangelo che esalta in maniera straordinaria la misericordia di Dio e anche il brano di oggi ci aiuta a scoprire sempre meglio questo volto misericordioso del Padre. Parlando del Vangelo di Luca si può davvero dire che il nome di Dio è misericordia, come si intitola un libro di Papa Francesco. Si abbina bene questo brano con il brano di San Paolo ai Galati che mette in evidenza la fede nel Signore Risorto come via della salvezza e non l’osservanza della Legge, una fede che ti fa dire: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.

Nel nostro cammino di fede ci possono essere dei momenti come quello nella vita di Davide in cui rompe tutte le relazioni in un attimo. Non tiene conto del valore della persona di Uria, non considera tutto ciò che ha fatto per il regno, né l’amicizia: lo fa uccidere. Il tutto perché si è lasciato andare alla sua passione. Non siamo chiamati a giudicare il comportamento di Davide, ma dobbiamo cercare di capire se anche nel nostro cuore portiamo la violenza, le passioni disordinate, la morte e l’odio che alla fine fanno di noi degli assassini del fratello. Sappiamo perfettamente che si uccide più con la lingua che con la spada, per cui bisognerà davvero chiedere l’aiuto del Signore.

Ci sono dei momenti in cui ci accorgiamo che il nostro percorso di fede non sta andando sui binari giusti e che abbiamo bisogno di correzioni o meglio di ritornare ad una vita di grazia migliore. Personalmente credo che già questa consapevolezza sia un grande segno della misericordia di Dio. L’atteggiamento da assumere in questi frangenti è l’atteggiamento della donna che abbiamo incontrato nel Vangelo: stare ai piedi di Gesù piangendo. Non tutti hanno il dono del pianto e molti santi ci dicono che è una grazia poter piangere sui propri peccati. La donna ai piedi di Gesù diventa maestra e ci dice che la Misericordia supererà la legge quando c’è l’amore e il pentimento vero.

Il fariseo Simone aveva dubbi perfino sull’identità di Gesù quando ha visto la donna toccarlo, ma la donna era sincera nel suo pentimento. Non le importava gli sguardi indiscreti, farisaici, che la condannavano: voleva solo stare ai piedi di Gesù. Chissà se stava chiedendo perdono a Gesù oppure era talmente felice di stare ai suoi piedi che si è dimenticata di formulargli una richiesta di perdono. Ma Dio vede il cuore e non gli importano le parole formulate dalle labbra.

Vede il cuore della donna e vede anche il cuore di Simone. Mette in evidenza i due atteggiamenti e ci dice: amate di più. E’ un messaggio importantissimo perché l’accento non è più sulla legge, ma sulla persona di Gesù Cristo. Il centro non è la legge ma la fede nel Risorto. Ecco allora anche il nostro cammino si schiarisce e l’Amore che perdona illumina la strada. Restiamo anche noi ai piedi di Gesù con il nostro dolore, con il nostro pentimento e specialmente con il nostro amore. Dio che vede il cuore vedrà il nostro amore e ci aiuterà con il Suo Spirito.

Buona domenica a tutti!!!

P. Sabu

V° DOMENICA DI PASQUA

L'ultima cena in un dipinto di Philippe de Champaigne (XVII secolo).La legge dell’amore come base del vivere cristiano personale e comunitario: possiamo sintetizzare così il messaggio della Parola di Dio di oggi. Nella prima lettura c’è l’esempio di Paolo e Barnaba che ritornando dalla loro missione riferiscono alla comunità tutto ciò che Dio aveva fatto per mezzo di loro: non tengono per sé stessi la gioia della predicazione. Il brano dell’Apocalisse ci mostra la Gerusalemme nuova che scende dal cielo, che è l’immagine della Chiesa, e viene annunciata come la tenda di Dio tra gli uomini. Nel brano del Vangelo Gesù dice ai suoi discepoli che devono avere l’amore gli uni per gli altri perché sarà il segno del loro essere discepoli del Maestro.
La vocazione di ogni cristiano è quella di testimoniare questo amore di Dio nel mondo perché diventi il segno visibile della presenza di Dio. Gesù dice ai suoi discepoli che offre loro un comandamento nuovo. Il fatto che rivolga queste parole durante l’ultima cena acquista una grande importanza. Sono gli ultimi momenti che il Maestro trascorre insieme con i suoi discepoli e queste parole diventano il testamento che lascia ai suoi un’eredità che devono condividere tra loro.
Ma la vera novità che Gesù porta non è il comandamento dell’amore in sé perché era già presente nell’Antico Testamento. Quel Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” è la novità assoluta. Coloro che si dicono cristiani non hanno alibi, hanno un solo esempio, quello del Maestro e il suo comandamento non è astratto, ma posizionato nelle realtà concrete della vita quotidiana e diventa un comandamento sempre nuovo. Non perde mai la novità perché le situazioni della vita umana cambia ogni giorno e il cristiano è chiamato ad incarnarsi in quelle situazioni per amare come ha amato il Cristo.
Ecco dove sta la vera difficoltà nostra nel vivere l’amore. Finché ne parliamo va bene, ma quando si tratta di tradurlo nella quotidianità diventa davvero difficile amare come Lui ha amato. Un amore incondizionato che non tenga conto della propria vita e si spende perché gli altri abbiano la vita in abbondanza, un amore che si china sui piedi del prossimo e si fa schiavo dell’altro è ciò che il Maestro ci ha fatto vedere con il suo esempio. E siamo chiamati a vivere questo amore non solo singolarmente, ma come comunità. Infatti ci dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.
La domanda da farci è allora come viviamo questo amore nella vita personale e comunitaria. Il cristiano non è una lampada nascosta sotto il moggio, ma messa sul candelabro perché tutti quelli che entrano abbiano la luce e possano vedere. Chiediamo che il Signore ci doni la grazia di testimoniare il suo amore nel mondo e vedendo la nostra testimonianza gli altri possano ringraziare il Signore ed avvicinarsi a Lui.
Buona Domenica a tutti!

P. Sabu